mercoledì 30 settembre 2020

Francesco Dalessandro

IL CLANDESTINO                 

un apologo

 

I

 

L’abbiamo cercato in ogni angolo di casa

dalle camere alle scale alla cucina

senza trovarlo il topino che Gina

ci ha detto d’aver visto arrampicarsi

dietro alla libreria, ci siamo dannati

spostando i mobili i letti gli armadi

cercandone le cacche lungo i muri

sotto i divani… niente! preoccupati

che durante la notte rovistasse

in giro abbiamo preparato un’esca

avvelenata e siamo andati a letto

sperando non ci svegli il suo squittìo

d’agonia perché spinto dalla fame

ha morso quel boccone avvelenato

 

II

 

L’esca era intatta quando stamattina

siamo scesi per fare colazione:

sia stato furbo o solo fortunato

che gran sollievo per noi non trovare

il suo cadaverino da gettare

in qualche buca o dentro l’immondizia!

mi son detto che forse dovevamo

lasciargli qualche scaglia di formaggio

invece di provare a avvelenarlo

perché era certo un profugo affamato

un rifugiato che cercava asilo

politico o un migrante clandestino

da un solaio o una stalla dove un gatto

assassino cercava di mangiarlo




lunedì 28 settembre 2020

Bruno Cavallini

POESIE POSTUME

Nessuna cosa mi ha mai stupito
come quest’uomo
che sopravvive ogni giorno
non conoscendo
di lauti banchetti la gioia
e il bisogno,
ma soltanto il bene
di un pezzo di pane
di un uovo,
di un quarto di vino
di un grappolo d’uva:
compenso di cellule stanche
di vile
materia che muore,
e torna a rivivere
altrove
nell’anima eterna del mondo.


***

Perché non si chiede
tanto di abilitazione
al barbitonsore,
al parrucchiere
che a colpi di
forbice o di
affilato rasoio
mi asporta cellule
vive, non meno
di quelle che al bisturi
di un dotto chirurgo
io affido se il male
mi assale?






da Contrappunto. Bimestrale di poesia e arte, Anno VIII, n. 6, novembre-dicembre 1984

venerdì 25 settembre 2020

Francesco Paolo Memmo


NUGAE


Discorro di minime cose
di privati destini
ad esempio del miglio
da dare agli uccellini

Mento a me stesso nel sonno della mente

Mentre volano via le giornate
in forzato riposo
a me alieno
o in innocue battaglie
quanto meno

Oggi che la scrittura
non mi dà più piacere
anzi mi fa paura


***

Mi chiedo quale sia
e quale mai sarà
l’estrema unzione
l’estrema funzione
l’ultima poesia

il capitolo della
capitolazione


***

Vai piano, stai calmo, mi ripeto,
attento a non sbagliare, rifletti,
evita il trucco, scansa il tranello.

Ma poi dove la metti
l’ira, la rabbia, la sacrosanta
trasgressione del divieto,
l’inaudita voglia che m’agguanta
di vendicarmi a colpi di martello?


***

Geme un verso sul fondo
della pagina

E se nelle sue sillabe
il segreto del mondo
si celasse?

Tu raccoglilo prima
che sia tardi
accompagnalo in rima
ad onta del ludibrio
come sopra un asse
sottile d’equilibrio



da Contrappunto. Bimestrale di poesia e arte, Anno VIII, n. 6, novembre-dicembre 1984

mercoledì 23 settembre 2020

Maria Jatosti


NOTTURNO

S’inerpicava la notte e parlavi
– parole come luce come fuochi –
evocavi eruzioni di bagliori
rivoli incandescenti di colate.

Trascolorava il giorno sopra i cotti
dell’orfica città stretta alle crepe
d’un improvviso illecito silenzio
                                           stupefatto.

da Contrappunto. Bimestrale di poesia e arte, Anno VIII, n. 6, novembre-dicembre 1984

lunedì 21 settembre 2020

Gilda Musa


CENTO, MILLE FINESTRE ILLUMINATE

La mia finestra, qua. E forse cento
forse mille finestre nella sera
poetica, là fuori – a una a una,
a triadi, a grappoli – si accendono.
Quelle luci-notizie si trasmettono
quali esempi di vita individuali
differenti e a contrasto nel mosaico
poliedrico di casi e di destini.
Mi piace immaginare che fra tante
anche la luce-notizia risplenda
di un compagno-poeta che si ostina
fantasioso e ribelle sulla pagina.

Già ieri si accendevano, là e qua.
Così domani: almeno, è supponibile.
Ma d’improvviso – là e qua – le colgo
– non per supposizione, ma certezza –
imparzialmente uguali nel procedere
sul segmento fissato: alfa-omega.

da Contrappunto. Bimestrale di poesia e arte, Anno VIII, n. 6, novembre-dicembre 1984


venerdì 18 settembre 2020

Eugenio De Signoribus

 

(NOTTURNA)

 

Ciò che di te mi dice anche il più vero

sogno nel transito dell’alba

 

tu piuma bambina quasi ectoplasma

che chiedi a chi le tue ragioni embrioni

 

al muto schermo dove scuro scorre

il muro di dadi il fosso dei giocatori…

 

l’abbraccio della stanza ti fa viva

ma se t’affacci fuma la saliva

 

e spersa guardi ma di là del sogno

in una gabbia palco senza voce

 

che cerco la tua presa e volar via

e svelare agli occhi il loro inganno

 

indeciso se inchiodarli su un più alto palo

o fissare insieme a te morendo la tua agonia


da Contrappunto. Bimestrale di poesia e arte, Anno VIII, n. 6, novembre-dicembre 1984

 

mercoledì 16 settembre 2020

Alessandro Ceni

 

MA UN TEMPO I BAMBINI SI BRUCIAVANO

 

Ma un tempo i bambini si bruciavano

agli occhi che non vedrete più,

passavano dall’asola nel mondo che era

un mazzo d’alberi, alcuni

scorrevano nella lacrima trattenuta di Dio,

altri infuocavano un petrolio speciale,

così che lacrime erano il combustibile

e petrolio il liquido emesso.

 

Due adulti cadevano in loro

perché quando rientrai smisero di parlare

e il tradimento arrivò con

un serto di “venni in una casa sgonfia…”,

spenti gli occhi agli occhi

che non vedrete più

con un solo grano ottenne

un intero raccolto,

con l’unico divieto

non partite, non partite più,

non addormentatevi mai,

i loro occhi si unirono a cuspide

e vi passarono sotto.


da Contrappunto. Bimestrale di poesia e arte, Anno VIII, n. 6, novembre-dicembre 1984


lunedì 14 settembre 2020

Edoardo Cacciatore

 

VERSI AUSILIARI

 

Chi gode ad avere già esclama oh fossimo

Per essere battito in piena andatura

A bordo avvinghiati ad un posto tra il prossimo

Staccati da terra e in un rombo che dura

Restiamo ad avere realtà ma non siamo

Per nulla la corsa che libra – possiede

Chi gode un dossié in effetti assai gramo

La pista a raccordo e scadenze ha per sede

L’Esterno da fermo già varia e si spiazza

Si è l’avuto trascorso il suo quando

In palpiti adatti è celere chiazza

Bagliore di stimoli ormai memorando

Chi ha e il possesso esige in eterno

S’accorge a piè giunti è in decollo l’Esterno.


da Contrappunto. Bimestrale di poesia e arte, Anno VIII, n. 6, novembre-dicembre 1984

venerdì 11 settembre 2020

Corrado Govoni

 LA SORGENTE


Sradicata dal masso la sorgente

libera di contaminarsi

scioglie il suo sonno opaco

nella favella della fresca corsa,

ma infelice oramai

di non esser più niente

se non solo, per poco,

nella fragile stretta del ghiaccio.

Invano cerca un'evasione

rallentando la fuga

nel paesaggio di fuoco

come un albero di silenzio

rimpiangendo quand'era sotto il sasso

angelo di non essere:

anche il solo specchiare è una fatica,

e la più pura trasparenza

un'atroce violenza;

ché il breve strappo dei tuoni e dei lampi

la ricaccia a donarsi ed a corrompersi

nuovamente giù,

mescolata alla terra dei campi

nella sua eterna impura schiavitù.


da Contrappunto, bimestrale di poesia e arte, Anno VIII n. 6, novembre-dicembre 1984

mercoledì 9 settembre 2020

Silvio Ramat

 LA MATTINA


La mattina

mette brividi in una lingua morta


visioni in luce acerba

versi feriti si vendicheranno


prima che tu prendessi sonno

non uno di questi cespugli

che ora perfino tentano di tremare


quel che hanno dormito i tuoi occhi

mentre tornava a sfilarsi, a impigliarsi

il gomitolo del tuo primo pianeta


Nashville


il pianeta di tutti nell'orbita di primavera

sai quasi come è fatto e perché esiste


gola chiusa ugola che si dispera

nel poema


da Contrappunto, bimestrale di poesia e arte, Anno VIII n. 6, novembre-dicembre 1984

lunedì 7 settembre 2020

Margherita Guidacci

 

A JORGE GUILLÉN: ULTIMO SALUTO


Consegnarti alla notte? Come potremmo?

                                                    /Tu sempre

splendevi e c'illuminavi: le tue parole, raggi

di bellezza e d'amore. Dove tu sei

può solo essere il giorno. È su di noi

che scende un'ombra, per la tua assenza. Ma tu

non ne sarai sfiorato. Ti consegnamo

all'infinita aurora.


da Contrappunto, bimestrale di poesia e arte, Anno VIII n. 6, novembre-dicembre 1984



venerdì 4 settembre 2020

Kenneth Rexroth

 

GALLEGGIANDO         

 

Impigrisce la nostra canoa sulla pigra corrente

tra rampicanti e alberi e giunchi sull’acqua

stagnante di un torpido fiume del Midwest;                

girando lenta su se stessa s’impiglia nelle ninfee

abbondanti. Siamo stanchi di pagaiare.

L’intero pomeriggio a risalire la debole corrente,

per oscuri meandri, su, tra pascoli e boschi;

oltre guadi fangosi dove il forte odore di bestiame

scivolava denso sull’acqua; cantando canzoni

di movimenti perfetti e regolari: canzoni

da sci, canzoni da raduno notturno, d’argano

in moto, dell’argine e del rollio dei barcaioli.                             

Stanchi del movimento e dei suoi ritmi,

stanchi del dolce gioco nell’unione delle forze,

ci abbracciamo distesi lasciando che palpi

di ninfea, petali e foglie trattengano il moto

nel caldo che s’addensa, nell’aria sonnolenta.

Canta per me a bassa voce, Westron Wynde,

Ah Syghes, mon coeur se recommend à vous,

Phoebi Claro; canta le erratiche melodie erotiche

d’uomini e donne di settecento anni fa,

piano, con la bocca chiusa sulla mia guancia.

Lascia le nostre cosce impigliarsi nei cuscini,

lascia che i tuoi seni nella veste sottile

pendano sulle mie braccia nude, sulla gola;

che i capelli profumati ci scendano sugli occhi;

baciami con quelle sottili labbra melodiose.

Mentre ti spoglio hai pupille umide e nere, 

enormi, e la pelle fresca, d’avorio.

Muoviti cauta, muoviti appena, apri le cosce,                          

prendimi piano mentre le labbra annaspano

e ci succhiamo la gola dove ronza il sangue.       

Muoviti piano, no, non muoverti, tienimi in fondo

a te, ferma, nel profondo, mentre il tempo

scivola via come il fiume oltre il letto dei gigli

e questi momenti rubati scompaiono, fusi

nella nostra carne mortale e senza tempo.


Traduzione di Francesco Dalessandro

 

 

mercoledì 2 settembre 2020

Gerardo Diego

 INSONNIA


Tu e tu nudo sonno. Non lo sai

- Dormi. No, non sai. Io veglio

e tu innocente dormi sotto il cielo.

Per mar le navi tu per il sonno vai.


In carceri d'aperto, aeree chiavi

a te via mi portano serrando. Gelo,

cristalli d'aria in mille foglie. Volo

non c'è che fino a te alzi le ali.


Sapere che tu dormi, alma, sicura

- fido alveo d'abbandono, linea pura -

vicino alle mie braccia prigioniere


oh paurosa isolana schiavitù,

io folle insonne su per le scogliere,

per mar le navi e per il sonno tu.


Traduzione di Insel Marty


da Contrappunto, bimestrale di poesia e arte, Anno VIII n. 6, novembre-dicembre 1984