venerdì 31 gennaio 2025

Luigi Amendola

 

QUI APPRODANO I VOLI DEI MERLI

 

 

Qui approdano i voli dei merli,
i passeri smarriti da gravidi cieli;
qui i vortici d’acqua e di libeccio impastano

di malagioia la tempra del cuore:
confondono il paesaggio nell’attesa,
al sapore acerbo di mandorli e pruni,

al livore di neon e vetrine marzapane.

E noi, colti a spiare orizzonti
e flebili richiami d’allodola,
fischi di vapori, latrati, acque
di fontane e pianti di creature, noi
in queste poche cose navighiamo i giorni.

 

mercoledì 29 gennaio 2025

Luigi Amendola

 L’ACQUEDOTTO FELICE



I

Girano case e alberi 
in questa periferia d’aprile, 
persone e fontane girano 
(giostra per spazi e immagini) 
con la fragranza degli aromi. 
Gli uccelli in volo 
sopra queste nuvole 
gorgheggiano rugiada e anice. 


II

Il passero, il merlo, l’avocetta, 
il trillo riconoscibile nell’aria 
e nelle stanze del platano 
per il piacere mio 
di stupire e svelare (svegliare) 
il bambino assopito 
nell’abitudine formale. 


III

Bambini in rincorsa 
sui cicli abbandonati 
da coetanei scontenti 
pedalano costeggiando le mura. 
A casa, con le grida 
dei vicoli inquieti, 
i resti di giornate luminose. 


IV

Ai panni stesi, alla fontana, 
agli orti allineati lungo la ferrovia 
aggiusta il tiro questo clima. 
La Primavera viaggia 
dalle viscere della terra 
fino all’occhio di Dio 
che da un foro del cielo 
acceca l’acquedotto. 


V

Fascinoso il vento 
che spazza il sentiero 
— polvere e foglie in valzer — 
rincorre cartacce ed echi 
di questo quadro immobile 
che si perde 
sul confine del giorno. 


VI 

La linea bianca di un jet 
è apparsa nel cielo, 
lunga orma, segno di vita 
come la scia delle testuggini, 
sulla sabbia delle Galapagos, 
dalla terraferma all’oceano. 


VII

Il muschio tra le crepe del muro 
insidia l’acquedotto 
cupo sullo sfondo tenue 
di un cielo marzoaprile. 
Ma ride l’acquedotto felice.



lunedì 27 gennaio 2025

Luigi Amendola

 

LETTERA A TELEMACO 


È la regalità dei sedicianni 
che certo guida l’inquietudine 
da un argine a me noto, distante, 
se indugi cauto davanti agli specchi 
— con l’ampiezza del busto e delle spalle 
in evidenza —. Riconosco l’impulso filiale 
d’essere adulto ai miei occhi. 
Non gesti d’insofferenza o resa, 
né ricerca di tenerezza in te commuove 
quanto spiarti nei miei panni. Strano 
come io non veda i tuoi sguardi obliqui 
alle donne, presagio di future età, 
di rincorse solari, d’attese, 
tumulti di vene e lenzuola intrise. Avrai. 
E guardo addolcire nel sonno l’inclemenza, 
con il senso di colpa paterno 
di chi dà sapendo di sottrarre 
per timore, per scelta, per scarto di riserbo 
a mia discolpa. Quel timbro albo 
della voce, un punto di rottura, 
un’armonia del cuore o del caso, se vuoi, 
saperti a me uguale, vulnerabile; 
le notti all’erta ad ogni tuo respiro, 
la viva lucentezza dell’iride 
nel campetto di periferia — lasciarmi passare 
in dribling, finta di corpo prevedibile 
per i tuoi agili anni —. Questo ed altri fili 
d’erba, le vele nelle palme, ti devo. Figlio. 


da Lettera a Telemaco, Bizzarro Book, 2022

venerdì 24 gennaio 2025

Annelisa Alleva

 

DALLA SFERA CONTEMPLATA DEL MONDO

 

Dalla sfera contemplata del mondo

entravano giochi e persone goccia a goccia,

analgesici notturni dosati sul cucchiaio.

Palloni pattini altalene bolle di sapone.

Tu entrasti a cascata, evento puro.

Le rupi fecero sangue, gengive scavate

dal bisturi. L’intero sistema vacillò.

Camminare con te significava invertire

i movimenti del passo: allungavamo

la stessa gamba come capita a chi

si è guardato troppo a lungo allo specchio.

Un miracolo se ancora sei, e io sono,

e se, calzati gli occhi, le sagome coincidono.

 

Da L’oro ereditato, Il Labirinto, 2001

mercoledì 22 gennaio 2025

Annelisa Alleva

 

SO CHE LE DIVERSE ETÀ SONO CHIUSE FRA LORO

 

So che le diverse età sono chiuse fra loro

come le caste al tempo degli antichi egizi.

“Vi manca il patrimonio della memoria

nostra più remota!”, sembra gridare un alto

dignitario, sbarrando la porta d’ingresso.

Ma, ecco, sento un passo trascinarsi

in biblioteca, diverso dagli altri, e due labbra

sbattere involontariamente: un vecchio

professore avanza curvo, con gli occhiali,

lo sguardo ottuso e sprezzante.

E allora non rimpiango più di non conoscere

la guerra, di non essere più vecchia

solo per averti incontrato

quando avevamo vent’anni tutti e due.


Da L’oro ereditato, Il Labirinto, 2001

lunedì 20 gennaio 2025

Daniela Attanasio

I PIEDI SONO STABILI PER TERRA

 

I piedi sono stabili per terra

il cuore all’aria aperta sopporta

le stagioni e i crampi della fame

ballerina. Io cerco le ragioni

la struttura e la forma conside-

rando i giorni già passati nella

prudenza di rimanere in vita a

piedi nudi al caldo di un’estate

patita come lungo silenzio come

ferita da coltivare, così colla-

boro e ogni parte di me lascio

rimodellare al vento

 

 

da La cura delle cose, Empiria, 1994

venerdì 17 gennaio 2025

Daniela Attanasio

 

FINALMENTE HO ASCOLTATO

 

finalmente ho ascoltato il mio

nome finalmente l’hai detto e mi è

sembrato muovo immacolato mi è sembrato

bello ha risuonato in quell’ambiente

chiuso è rimbalzato sui muri sulle

mani l’hai detto così bene così

giusto che insieme al nome ho visto

la tua gola la tua pelle il sangue

più veloce nelle vene le stelle

 

da La cura delle cose, Empiria, 1994

 

mercoledì 15 gennaio 2025

Daniela Attanasio

 

L’OSPITE NON SOMIGLIA ALL’ABITANTE

 

L’ospite non somiglia all’abitante

della casa non ha la consuetudine del gesto

e non cammina sopportandone il peso

trascina un tempo di lentezza marina

con calme ondate d’attesa non conosce

l’intesa che attraversa le stanze

nel porto quotidiano. La casa è un porto

a difesa l’ospite ci cammina senza

lasciare impronte ma un’ombra delebile

sul vetro del bicchiere


da La cura delle cose, Empiria, 1994



lunedì 13 gennaio 2025

Sauro Albisani

TENZONE

                                                   A Beppe Salvia

 

 

Andassimo ciascuno su un cavallo

per queste praterie

desolate, dove

ogni paese organizza un torneo,

 

e giungere che nella solitudine

hai imparato a parlare col cavallo,

a cantargli canzoni: non sarebbe

solo un gioco di forza

 

o agilità: noi

vinceremo, dici.

E correremmo a perdifiato

 

e rideremmo, anche, perché

è così vasta la terra straniera,

è così bello essere amici.


venerdì 10 gennaio 2025

Sauro Albisani

 

IL FIORE CHE TI PORGO

 

                                  A C. B.

 

Il fiore che ti porgo

non lo vendono i fiorai

apro gli occhi m’accorgo

adesso che sognai

 

l’ho appena colto ha

tremila primavere

illumina il bicchiere

che lo disseterà

 

 

mercoledì 8 gennaio 2025

Paolo Aita

 

Da WANG WEI

 

Dirsi addio dall’Alta Terrazza 

La palude è già in un’oscurità senza fine

Anche i liberi uccelli tornano a tarda sera

Tu invece vai come un viaggiatore senza sosta.

 

Da LI PO:

Scalinata di giada dove nasce la rosa bianca.

Fino a tarda notte ti trastulli con le tue calze di seta

Abbassi tuttavia la cortina di cristallo

E guardi in trasparenza la Luna d’autunno.

 

Da TU FU

 

Non amo così tanto i fiori da morirne

Temo anzi la morte dei fiori e la vecchiaia vicina

I rami spontaneamente sono carichi, poi ugualmente  decadono

I teneri petali sembrano a consulto, poi dolcemente si aprono.

 

Da Dove l’acqua riposa – Liriche cinesi del periodo T’ang     

lunedì 6 gennaio 2025

Domenico Adriano

 

DA TEMPO CHE NON LO VEDEVO

 

Da tempo che non lo vedevo

un cielo così strino – il sereno

che traspare, il celeste

d’una schiena di donna che cammina –

l’ho incontrato sul Lungarno di Pisa.

Qui Shelley

vide palazzi specchiarsi

sul fuoco del fiume, vergò versi per Keats.

La città aveva allora un ufficio

per la Manutenzione

di fiumi e fossi, le vie selciate

erano asciutte e lievi – sull’altra sponda

invitato dall’amico per guardare

il tramonto, giunse nel 1822 Lord Byron

a ammirare affacciato sull’Arno

il sole nell’abisso.



venerdì 3 gennaio 2025

Domenico Adriano

 

NON PER LA TRASPARENZA

 

Non per la trasparenza

del vetro ma della mente,

figlia, mi potrai vedere. I colori

e più il rosa dentro il fuoco del ghiaccio

tremeranno al tuo sguardo.

Figlia che cammini così leggera.

Figlia che non ti piaceva il mio paese

perché non c’era il mare.

Allunghi ora il passo mi dai la mano.

Figlia povera che ti fecero

due poeti nell’anima e nel corpo.

Figlia forte più di una montagna.

Figlia che porti

di Antonello da Messina

in te l’azzurro ghiaccio.



mercoledì 1 gennaio 2025

Domenico Adriano

E ORA SE NE STA QUI SULLA SOGLIA

 

E ora se ne sta qui sulla soglia,

la bambina

del febbraio ’71.

 

                            «Ti ho portato

una poesia!...»

                          È di Govoni,

vi volano farfalle. Il maestro

perché si tratta di un dono, la scolara

perché il testo è bello, la ripetono

agli altri alunni.

 

«Vedete quella casa là in fondo?»

io ai bambini, subito

allegri alla finestra… «È lì che abitava

il poeta Govoni».

 

Sola e attonita

ora, lei: «Abitava… ma allora

era un uomo!»


NOTA.  In questo 2025 – forse l’ultimo del blog – ho deciso di pubblicare solo poeti italiani; più o meno, miei coetanei. In particolare quelle poesie che mi hanno emozionato.