lunedì 27 febbraio 2017

Attilio Bertolucci

COME LUCCIOLA ALLOR CH’ESTATE VOLGE

Come lucciola allor ch’estate volge
All’ardore di luglio, stanca posa
Sull’erba che la vide errare quando
Più temperate sere il cielo invia,

Dov’è caduta luce tramortita
E fioca, e così sola nella notte,
Così l’anima giace poi che il curvo
Giro degli anni a suo fine declina.

Una stellata notte allor consoli
Nostra tremante quiete, quale questa
Che s’apre dolce e silente
Su te, lucciola morente.


da Il fuoco e la cenere – Versi e prose dal tempo perduto, a cura di Paolo Lagazzi e Gabriella Palli Baroni, Diabasis 2014

venerdì 24 febbraio 2017

Carlo Alberto Parmeggiani

PSEUDO ALCEO

Varcata la terra dei Traci
che ha donne dai modi gentili
intrecciando dei tralci di aneto,
sminuzzo brandelli di vita.

Il mio esilio da essa è così che vanisce,
in una febbrile e magica quiete
sfioro i languidi fianchi di dolci fanciulle
che m’offrono gioie, deliqui e deliri,
quasi del tutto smarriti.


(inedita)

mercoledì 22 febbraio 2017

Carlo Attilio Rossi

IL BACIO

Ti bacio. Lascio l’elastico del tempo
ai tuoi fianchi, rampicante. Ti semino
piantine fresche, ad ogni passo,
nell’ombra tua, che trema.

(inedita)

lunedì 20 febbraio 2017

Alberto Toni

È INVISIBILE QUEST’ARIA

È invisibile quest’aria: Diceva: la notte
è tutta una turbolenza, ma fuori non è,
non appare più nera del destino. La città
è spazio e linea, tutta una nebulosa, i più
stanno nascosti e senti i rumori dall’altra
stanza, tutto un rumore di respiri e basta.



da Il dolore, Samuele Editore, 2016

venerdì 17 febbraio 2017

Simon Marsh

ATTESA

mi lasciavi in attesa abbastanza spesso
ma mai tanto quanto adesso
a meno che non affronti il cerchio di fuoco
tutto dovrà attendere
anche se credo rimanga ancora
la lucente griglia del sogno
dove il tempo viene goffamente anticipato
le cadenze rievocate & fuse con
inaffidabili riarrangiamenti
& nomi delle stelle su cui orientarsi
può darsi sia per questo che tengo la nostra roba
nella carezza familiare della musica
la chiavetta scoppietta azzurro ceruleo
& inietta nella macchina Jarrett d’epoca

Traduzione di Riccardo Duranti

da Stanze, Coazinzola Press, 2016

mercoledì 15 febbraio 2017

Sergio Corazzini

DOPO

Il passo degli umani
è simile a un cadere
di foglie... Oh! primavere
di giardini lontani!

Santità delle sere
che non hanno domani:
congiungiamo le mani
per le nostre preghiere.

Chiudi tutte le porte.
Noi veglieremo fino
all'alba originale,

fino che un immortale
stella segni il cammino,
novizii, oltre la Morte!

da Poesie edite e inedite, Einaudi, 1968

lunedì 13 febbraio 2017

Bartolo Cattafi

TELA

Accettati i tempi dell'attesa
le vele ancorate all'orizzonte
vennero a connettersi in concreto
il ripieno e l'ordito
a ciglio alzato
senza muovere dito
condannato a guardare
- sbattuto sotto il naso -
il petto congelato di Penelope.

25 Gennaio - 6 Febbraio 1972

da Occhio e oggetto precisi, All'insegna del Pesce d'Oro, 1999

venerdì 10 febbraio 2017

Scipione

TUTTO CI ABBANDONA A NOSTRA INSAPUTA

Tutto ci abbandona a nostra insaputa,

il sangue corre nel cerchio chiuso.

Le membra del giovane sono belle
la sua mente è chiara e serena,
ma i vizi degli altri scrivono in nero
e nei laghi degli occhi
nuotano le anguille cattive.

La canna leggera, verde e bianca
non sa dove appoggiarsi
ma non può cadere.

Le giunture si piegano con mollezza
tutto si realizza e tutto si perde.

da Le civette gridano, a cura di Paolo Mauri, Edizione della cometa, 2004

mercoledì 8 febbraio 2017

Corrado Govoni

MIEI PASSERI

miei passeri
il vostro bagliore assedia la casa
e fa nevicare il mio cuore

da Govonilampi, a cura di Pietro Cimatti, Edizioni della Cometa, 1981

lunedì 6 febbraio 2017

Kenneth Rexroth

QUANDO NOI CON SAFFO

« … vicino all’acqua gelida
il vento suona tra i rami
del melo, e dalle foglie tremanti                 
il sonno si versa… »

Siamo qui, in un frutteto incolto,
pieno d’api d’un podere in rovina
del New England, distesi
con l’estate fra i capelli e l’odore
dell’estate sui nostri corpi uniti,
l’estate nelle bocche, l’estate
nei frammenti luminosi di parole
di questa greca morta.
Smetti di leggere. Piegati.
Dammi la bocca. Eguaglia,
la tua grazia, la bellezza del sonno.
Mi vieni incontro come un’onda
che si muove nel sonno. Il tuo corpo
s’espande nel mio cervello                 
come un’estate piena di uccelli;
non come corpo o cosa a sé stante
ma come nembo che incombe
su ogni altra cosa al mondo.
Appoggiati a me. Sei bella,
bella come la piega
delle tue mani nel sonno.

Siamo invecchiati, nel pomeriggio.
Qui, nel nostro frutteto adesso abbiamo
l’età di Saffo, ovunque sopra mari
lontani la sua polvere sfavilli
e sparsa lampeggi sulla cresta
delle onde o macchi la conchiglia
del murice. Intorno a noi
la vecchia fattoria sprofonda
nel miele del caos estivo.
In quelle isole lontane i templi
sono stati abbandonati e il marmo
è color miele selvatico.                                                                     
Non resta nulla dei giardini
che un tempo li circondavano, delle
grasse zolle segnate dagli zoccoli.
Solo erba di mare resiste
sulla pietra sgretolata,
sui gradini scheggiati,
solo il blu e il giallo
del mare, e in lontananza
gli scogli rossi oltre la baia.
Piegati indietro.
Ora, la sua memoria è sulle nostre
labbra. Attraverso il caos estivo i baci
ci cadono sul petto, sulle cosce.

Colossali cupole d’oro,
cumuli di nubi si levano
sull’ondeggiante, sibilante foresta.
L’aria preme la terra.
Il tuono scoppia sui monti.
Lontano, sugli Adirondacks,
un lampo tremola, quasi invisibile
nel cielo vivido, violetto
contro il grigio carico
dell’ombra di nuvole grasse.  
La fresca chioma virile
dei temporali spazzola
il gonfio orizzonte. Togliti
scarpe e calze. Ti bacerò
le dolci gambe e i piedi
mezzo sepolti nell’intrigo
di maleodoranti fiori estivi.                     
Spogliati. Voglio schiacciare
la tua carne d’estivo miele
contro il suolo caldo, e sull’erba
pesta, pungente di mezza
estate. Lascia che il tuo corpo
scenda come miele tra le calde
ruvide dita dell’estate.

Fermati. Aspetta. Basta poco.                        
Baciami con la bocca umida e aspra,
la tua bocca che ha lo stesso sapore
della mia carne. Leggi ancora
per me la musica sinuosa
di quella lingua che comprende tutte
le altre lingue ed è un’opera d’arte.
Leggimi ancora quelle singole,
toccanti parole salvate
da filologi antichi per spiegare
coniugazioni e declinazioni
di morti ancora più antichi.
Piegati nell’incavo del mio corpo.
Premi le tue spalle contuse
contro i madidi peli del mio corpo.
Baciami ancora. Pensa, dolce linguista,
che al mondo l’ablativo è impossibile.
Nessun altro qui ci aiuterà.
Dobbiamo aiutarci reciprocamente.
Il vento s’allontana lentamente
dalla tempesta; vira sulle creste
boscose; fischia nelle valli.
Qui siamo isolati, l’un con l’altra;
e c’è isolamento al di là
di questo frutteto, l’isolamento
del mondo intero. Non lasciare
che s’intrometta mai niente
nella solitudine di questo giorno,
di queste parole, isolate da lingue
morte, di questo frutteto, nascosto
ai fatti e alla storia, di queste ombre
in armonia con la luce estiva, tutt’insieme
isolati oltre la reciprocità del mondo.

Non dire altro. Non parlare.
E non rompere il silenzio
finché l’uno dell’altra non saremo
stanchi. Facciamo correre le dita
come lame d’acciaio sui contorni
dei nostri corpi dorati. Non parlare.
Il mio viso affonda nell’estate
invischiata dei tuoi capelli.
Il ronzio delle api è cessato.
La quiete cade come una nube.
Taci. Lascia andare il tuo corpo
nel silenzio pieno di stupore
dell’estate compiuta –
indietro, indietro, all’infinito –
le nostre labbra, deboli,
esangui per l’immobilità.

Guarda. Il sole è tramontato.
Ora ci sono lunghe luci ambrate
sui tronchi spaccati dei vecchi meli.
I nostri corpi s’avvicinano
come nel sonno; esausti
e sazi insieme, come l’estate
va verso l’autunno e noi,
con Saffo, incontro alla morte.
Le mie palpebre sprofondano nel sonno
nel caldo autunno dei tuoi capelli sciolti.
Il tuo corpo tra le mie braccia
si muove sul bordo del sonno;
e è come se tenessi
tra le braccia il serale
cielo estivo pieno d’uccelli.

Traduzione di Francesco Dalessandro

da The complete poems of Kenneth Rexroth, Copper Canyon Press, 2003



venerdì 3 febbraio 2017

Jiří Orten

ALBERI, ANNI

Alberi degli anni, come state?
La prima ed ultima volta, ora
so che solo il pianto vi irrora,
e che siete fatti di legno
perché il fuoco si accenda meglio,
perché i nostri occhi nebbiosi
vi guardino come bruciate,
alberi, alberi annosi!

In voi si rifugiavano fiere,
la gioia in voi mi ha negato
un domatore spietato,
tra voi s’è perso ogni mio avere,
da voi viene l’acqua sorgiva,
da voi l’alba che il giorno avviva,
dentro voi il sole in tramonti sereni,
alberi, anni, di ruggine pieni!

Ah potessi un momento ancora
fissare il cielo dell’aurora,
che comincia a rosseggiare,
e che si celebri il festino,
la libertà mi versi il suo vino,
e il tarlo di un letto non danni
quel che ho tentato di salvare
per ventidue anni!

Traduzione di Giovanni Giudici e Vladimír Mikeš


da La cosa chiamata poesia, Einaudi, 1969

mercoledì 1 febbraio 2017

IL MADRIGALE

2 - Lodovico Ariosto


Quando ogni ben de la mia vita ride
i dolci baci niega;
se piange, allor al mio voler si piega;
così suo mal mi giova e ’l ben m’ancide.
Chi non sa come stia fra il dolce il fèle
provi, come provo io,
questo ardente desio,
che mi fa lieto viver e scontento.
Così nasce per me d’amaro il mèle,
dolor del riso pio,
che ’l bel volto giulio,
lieto m’apporta sol per mio tormento.
Miseri amanti, senza più contesa,
temete insieme e sperate ogni impresa.