mercoledì 29 giugno 2022

Baldo Meo

IBISCO A CRETA


I


Ho imparato tanto da te - 

su me stesso e sulla via nel mondo.

Come un dio tardivo

mi sono impregnato di femminilità.


II


I tuoi denti sono come la spuma del mare,

il tuo viso come il sole nel cielo -

come potrei non amare ciò che vedo?


III


Disperdermi in te (quale amore è più grande?)

come il fiume nella corrente.


IV


Voglio esistere solo come un riflesso

sulla tua pelle dorata, sostare

come un profumo sulle tue cosce calde.


V


L'ibisco rosso scoppia

sul muro azzurro della tua casa.


da Pareri sul mondo oscuro, puntoacapo Editrice, 2022

lunedì 27 giugno 2022

Michele Colafato

 Per salutare Michele Colafato che ci ha lasciati ripropongo - fra venerdì e oggi - due poesie fra quelle sue che amo di più.


IL CAVALIERE POLACCO


Tutte le straripanti bellezze

del mondo che hai attraversato

in diagonale parafrasando

con decisi trasferimenti di accento

o cenni del capo,

il frustino poggiato sopra

i calzoni di fustagno scarlatto

il berretto di pelliccia rovesciato

la lunga casacca orientale

aperta sull'ambio e lo sguardo alto.

Tutte le bellezze del mondo

perché tu possa adesso passo

dopo passo vedere te stesso.


da Da una vena unica, Il Labirinto, 2009

venerdì 24 giugno 2022

Michele Colafato

 Per salutare Michele Colafato che ci ha lasciati ripropongo - fra oggi e lunedì - due poesie fra quelle sue che amo di più.


LA NOTTE DELLA VIGILIA


La notte della vigilia

è la notte della tenerezza

per te stesso. Ti affacci

alla finestra e guardi la luna

con rispetto e con dolcezza,

poi indugi con lo sguardo 

sulla terra. Non sei in alto

né in basso, non hai divi

né diavoli intorno.

E' il tuo mondo, dove tu resti, 

uomo tra gli uomini, in mezzo


da Da una vena unica, Il Labirinto, 2009

mercoledì 22 giugno 2022

Patrizia Cavalli

 DUE POESE PER RICORDARTI, PATRIZIA



*

Eternità e morte insieme mi minacciano:

nessuna delle due conosco,

nessuna delle due conoscerò.


**


Né morte né pazzia mi prenderà:

un tremore delle vene forse

un'acuta risata, un ingorgo

del sangue, un'ebbrezza limitata.


da Le mei poesie non cambieranno il mondo, Einaudi, 1974

lunedì 20 giugno 2022

Rita Iacomino

 PRIMA DI CRISTO


Io e te siamo qui, Enea

non illuderti se poi

ti costa un'ignoranza

un rossore pietoso

fra l'occhio pieghevole e il mento.

Siamo qui

e non ci fu concessa l'apertura

la soglia trasparente

della grazia

o un semplice rosaio

un talamo, un gioiello

di pari splendore

guardando cadere le vesti;

t'inerpichi su un monte che

non sai essere la trapunta dorata

su cui mastichi

l'infanzia interminabile

di chi è parente della dea:

più che parente

figlio, o epigono d'un male

che fa male senza forza

d'un male così tenue che uccide

senza mai dire la verità al morto...


Di questo santo male

divido la struttura,

avverto atomi nelle cartilagini

ne ricompongo i grammi in un cucchiaio

per chiuderlo, amore, dentro un cerchio.


da Dura verticale, Edizioni della Cometa, 1999

venerdì 17 giugno 2022

Massimo Morasso

 da GENESI, V.


Morire è una disfatta

o una vittoria sulla morte

e in lei ciò che non posso figurarmi, ma che vede

me vivo fra soprammobili e cornici

soldati in fila in mezzo a un sogno Biedermeier

dell'Altrove, forme

di vana opposizione all'amarezza

per questo lungo assedio che ci strema

e ci dissolve in un nonnulla disumano

che buca l'apparenza come il volo

calibrato su distanze inconcepibili

lungo la via che porta sulla soglia

di un mondo dentro al mondo

in cui sostiamo a volte per un attimo

bramosi di afferrare anche il rimbalzo

dell'eco in cui resista la promessa

di una più ampia, duratura identità...


da La caccia spirituale, Jaca Boook, 2012



mercoledì 15 giugno 2022

Gabriella Pace

 LA NAVE


La nave

sarebbe partita il giorno dopo

dal porto di Napoli.

Ti chiese di rimanere

non implorò, non pianse

tutte le lacrime ormai consumate.

- Mi vuoi disertore? -

Impetuosi vent'anni ti scoprirono i denti

la gola tesa prima del balzo

in attesa di cadere nel vuoto,

il tuo fu un giro di perlustrazione.

Non attraversasti quel mare

almeno non ancora.

L'indomani si seppe,

era stata affondata.

Non ti trattenne oltre tua madre

ti piantò addosso gli occhi grigi di ghiaccio

ricomprese in uno sguardo

la tua figura esile, di ragazzo affamato

non disse mai che lo aveva sognato.


da Ritorno, Il Labirinto, 2022

lunedì 13 giugno 2022

Francesca Santucci

 FORZA MAGGIORE

 

 

I

 

Nella camera c’è il cubo, è piccolo

bianco e poi cresce e prende tutte le pareti

e quando mi assume nel suo buco

penso come se nessuno saprà che sono qui,

e non è strano: un desiderio grande di rinuncia,

interni invernali, i sonniferi

e i fuochi – a questo letto mi trattiene una luna,

una forza maggiore

 

 

II

 

(Quando ti stendi in diagonale sul letto

da lì si schiaccia tutto sul fondo,

e lo spigolo del muro è una linea

che divide due quadrati). L’esperienza del buio

si fa in orizzontale, e il tempo funziona

come prima: lui passa e tu conti.

 

 

III

 

Dormo solo se proprio non ti muovi,

o non mi lasci la mano (ora ad esempio

mi piacerebbe che tu dicessi una cosa vera

o la tua voce mi rassicurasse, mi indicasse

la porta da cui uscire, la strada

in cui correre, le persone nelle righe

da scomporre nel sorpasso).

 

 

IV

 

La mattina rifarsi sempre il letto

e prendere la decisione di dormire spesso

durante il giorno, per non restare troppe ore

esposta al dialogo. (Giacere in forma di cubo

che dilata nella stanza, quando la serranda è tutta calata

e dall’altra parte c’è un sole).

Il cubo è nero e si spalanca, mi prende con lui

mi bacia la testa. Lo chiamo come viene:

sedimento, scoria, amico gentile.


da La casa e fuori, Lietocolle, 2019

venerdì 10 giugno 2022

Jean Froissart

 DUE RONDELLI


I


Ritorna, amica; da troppo sei lontana:

e questo mi fa aver pena e dolore.

L’anima ti domanda a tutte le ore.

Ritorna, amica; da troppo sei lontana.

 

Niente c’è, tranne te, che mi soccorre,

né mi soccorrerà, finché non torni.

Ritorna, amica; da troppo sei lontana,

e questo mi fa aver pena e dolore.


II


Prendiamo il tempo così come viene:

dicono che non dura la fortuna.

Un tempo se ne va e un altro viene:

prendiamo il tempo così come viene.

 

Trovo conforto in quel che mi sovviene:

ad ogni mese c’è una nuova luna.

Prendiamo il tempo così come viene:

dicono che non dura la fortuna.


Traduzione di FD

mercoledì 8 giugno 2022

Ludovico Ariosto

 

O PIÙ CHE ’L GIORNO A ME LUCIDA E CHIARA

 

 

O più che ’l giorno a me lucida e chiara,

dolce, gioconda, aventurosa notte,

quanto men ti sperai tanto più cara!

 

Stelle e furti d’amor soccorrer dotte,

che minuisti il lume, né per vui

mi fur l’amiche tenebre interrotte!

 

Sonno propizio, che lasciando dui

vigili amanti soli, così oppresso

avevi ogn’altro, che invisibil fui!

 

Benigna porta, che con sì sommesso

e con sì basso suon mi fusti aperta,

ch’a pena ti sentì chi t’era presso!

 

O mente ancor di non sognar incerta,

quando abbracciar da la mia dea mi vidi,

e fu la mia con la sua bocca inserta!

 

O benedetta man, ch’indi mi guidi;

o cheti passi, che m’andate inanti;

o camera, che poi così m’affidi!

 

O complessi iterati, che con tanti

nodi cingete i fianchi, il petto, il collo,

che non ne fan più l’edere o li acanti!

 

Bocca, ove ambrosia libo, né satollo

mai ne ritorno; o dolce lingua, o umore,

per cui l’arso mio cor bagno e rimollo!

 

Fiato, che spiri assai più grato odore

che non porta da l’Indi o da’ Sabei

fenice al rogo in che s’incende e more!

 

O letto, testimon de’ piacer miei;

letto, cagion ch’una dolcezza io gusti,

che non invidio il lor nettare ai dèi!

 

O letto donator de’ premi giusti,

letto, che spesso in l’amoroso assalto

mosso, distratto ed agitato fusti!

 

Voi tutti ad un ad un, ch’ebbi de l’alto

piacer ministri, avrò in memoria eterna,

e quanto è il mio poter, sempre vi essalto.

 

Né più debb’io tacer di te, lucerna,

che con noi vigilando, il ben ch’io sento

vuoi che con gli occhi ancor tutto discerna.

 

Per te fu dupplicato il mio contento;

né veramente si può dir perfetto

uno amoroso gaudio a lume spento.

 

Quanto più giova in sì suave effetto

pascer la vista or de li occhi divini,

or de la fronte, or de l’eburneo petto ;

 

mirar le ciglia e l’aurei crespi crini,

mirar le rose in su le labbra sparse,

porvi la bocca e non temer de’ spini;

 

mirar le membra, a cui non può uguagliarse

altro candor, e giudicar mirando

che le grazie del ciel non vi fur scarse,

 

e quando a un senso satisfar, e quando

all’altro, e sì che ne fruiscan tutti,

e pur un sol non ne lasciar in bando!

 

Deh! Perché son d’amor sì rari i frutti?

deh! perché del gioir sì brieve il tempo?

perché sì lunghi e senza fine i lutti?

 

Perché lasciasti, oimè! così per tempo,

invida Aurora, il tuo Titone antico,

e del partir m’accelerasti il tempo?

 

Ti potess’io, come ti son nemico,

nocer così! Se ‘l tuo vecchio t’annoia,

ché non ti cerchi un più giovane amico?

 

e vivi, e lascia altrui viver in gioia!

lunedì 6 giugno 2022

Fernanda Romagnoli

 CAPRO ESPIATORIO


Uggiola alla fessura, cagna-luce.

Qualcuno il mio sonno ha legato

quattro zampe in un mazzo. All'aurora

chi aprirà? Voglio alzarmi. Ho paura.

Nel pozzo del cranio

- senza uscita -. Nel buio sacrario

sconsacrato. (La luce come un'unghia

sotto le porte). Capro espiatorio

già caduto sul fianco, otre di sangue

già mezzo vuoto - come scalci ancora

forte, mia vita.


da La folle tentazione dell'eterno, InternoPoesia, 2022

venerdì 3 giugno 2022

Plinio Perilli

 IL FIORIRE DI TUTTO


Ginestre e papaveri: sparsi,

liberati pressoché ovunque.

Tu intendili colori e ascolta

il loro immobile, inaudito

dialogo di roccia... Risalgono

così ogni montagna, la convertono

al verde...


                  E mentre il cielo

della sera battaglia per l'azzurro,

vince il grigio di luce - almeno

impariamo il vortice, e il seme

della quiete. La roccia che ha

in premio l'amplesso, il profumo

del giallo, baci ridenti di rosso.


Nessun pittore può dipingerlo,

se dentro non lo vive... Se poi

la roccia non soffre di troppo

cielo, luce in fervore, tanto sola

da fiorire di tutto, per tutti.


(Roma-Pescara, in viaggio

15/5/2008)


da Museo dell'uomo, Zona, 2020

mercoledì 1 giugno 2022

Francesco Dalessandro

 ALLA FIGLIA

 

 

Ti stringo nella mente

più che se ti stringessi tra le braccia

nell’ennesima notte senza stelle

o fittissima notte

del tormento infinito destinato

al corpo che invecchia

come può,

arida notte come tutte dove

approdo ogni sera con un freddo

dolore cui appartengo

e apparterrò fino all’ultimo

respiro che nessuno

si chinerà a raccogliere, 

                                           agli dèi

cui non credo mi capita di chiedere

nel primo avvicinarmi

al sonno

che non lasci a

nessuno rimorsi in specie a te

se in me riascolto il suono

sottile della tua

fresca voce – 

quando per noi sognavo solitudini

ariose ruscellanti

soltanto del tuo riso

di fragile cristallo la sua scia

sognavo il sonno lieve

ultimo di me vecchio

al tuo sguardo sognavo luce

che fluisse dagli occhi innamorati,

e la pioggia leggera nel buio

inquieto di Roma

ma «ora non nasconderti

all’amore» il rimorso

diceva «che insapiente

è soltanto la pena della notte

buia dell’anima, per-

ciò va oltre» –

                           ed è allora

che nel ricordo

affiora il silenzio di quando

credevo che bambina

turbassi i versi e le infelici

sere seduta a quel piccolo tavolo

dove quieta fiorite

nuvole e calde primavere

disegnavi, invece ora

non posso che

fingerti vicina ma il dolore

mai spento dell’assenza

e del silenzio non

si placa nemmeno nel sonno

o nel pensarti

felice benché ignara

di me dei miei pensieri in questa

tenebra senza fuoco

dove solo la neve

protegge il poco bene

non dissipato mentre

volano questi versi

al tuo orecchio per dirti

come niente ormai argini la perdita

d’ogni giorno

e come presto non

basterà la memoria a preservare

i tuoi sorrisi

né il cuore a dirmi come

vivere sopportando la mancanza

di tutto che in un’altra

tristissima notte

mi fu strappato e le parole che

per troppa distanza hanno perduto

il suono

della tua voce e gli occhi

che facevano giorno

il chiaro sole del risveglio


da Corrispondenze, poemetto inedito