venerdì 17 maggio 2024

Vincenzo Di Maro

 EMERSA DA UN SIPARIO



Emersa da un sipario color porpora

salda una mano impugna cinque carte francesi.

Curva è la corsa delle costellazioni.

Giunto a sera in città, un agente di commercio

incontra per un attimo sé stesso:

ma fuori tempo, e senza riconoscersi.

Accade di frequente.

Gli uccelli seguitano le loro migrazioni.

Al terzo giorno, compreso un inganno

un uomo scaccia gli ospiti ingrati.

Nella parzialità vi è tutto il tempo.

Doverosamente le stagioni si avvicendano.

Gli abissi tengono l'abituale riserbo.

Il poeta Blok grida “non respiro”:

di conseguenza muore.

Pur derivando da un'unità variabile

in data odierna resta stabile il siclo.

Ognuno indossa l'invisibile maschera

che lo soffocherà.


(inedita)

mercoledì 15 maggio 2024

Antonella Palermo

 SOTTO BRACCIO CAMMINAMMO


Sotto braccio camminammo


Eri un giunco, eri la statua di Giacometti


carne reliquia fossile

la pressione di tutti i piedi

viandante affaticato e vecchio.


Domani il museo si farà muto

come muti siamo noi

il bronzo solo che tintinna.


da Il giunco e la statua, Vydia editore, 2024

lunedì 13 maggio 2024

Rossano Pestarino

 MIO PADRE L'HO VISTO PIANGERE...


Mio padre l'ho visto piangere una volta soltanto,

quando morì Berlinguer.

Un mese e un anno dopo sarebbe toccato a lui.

Io ho sognato di piangere l'altra notte.

Prima piangevo ascoltando l'opera, i finali:

poi l'acufene mi ha tolto

la musica e il dono delle lacrime.

Adesso che ho quasi gli anni di papà

l'estate che sparì, so come è vero

quello che dice la canzone, che i vecchi,

i vecchi non sanno, nel loro pensiero,

distinguer nei sogni il falso dal vero.

Il cuscino, al mattino, era asciutto.


(inedita)

mercoledì 8 maggio 2024

Francesco Dalessandro

 LA LUCE

 

La luce

 

Cosa annuncia la luce

sulle foglie sui lauri e quella dolce

erbetta ora rinata? cosa annuncia

se non questa tardiva

primavera flessibile e luttuosa?

 

 

 La nuvola

 

Fermati amore solo privilegio

che mi resta e nello sguardo

mite sosta anche tu come la nuvola

candida e solitaria che fra i rami

 

sembra impigliarsi e invece passa indenne

e s’allontana, resta non smarrirti

nella fragranza del giorno che muore

languidamente estraneo



Nei pomeriggi estivi 


Fresche ombre di assonnati pomeriggi

estivi dopo il mare dopo il sole:

un giovanile appetito di piacere

rinasce io mi muovo nella gioia

della tua nudità nel turbato

silenzio del mistero che su fresche

lenzuola si compie oh la calda

saliva suggello sul solco fuggente

fino al sogno di te stessa sussurro

e ansimo è la voce mentre scivola

l’onda e scende dove a occhi

aperti a occhi chiusi tu l’accogli

finché in deliquio cadiamo nel

buio

 

 

 Nel fuoco meridiano


Dopo pranzo, nel fuoco meridiano

che ci accende, confortati dal fresco

ristoro della doccia su stampate

primavere ci stringiamo mentre sole

e sale marino agli altri brucia sulle brune

spalle, nudi in quell’asola tra l’afa

e l’aria ci infiliamo, redenti dal caldo

e dal sudore, così alle tue labbra

ancora salate io mi piego sotto-

messo al nostro vizio finché paghi

e doloranti nella cuccia d’ombra

delle persiane scivoliamo accaldati

riposiamo assonnati i nostri sensi

sazi



Agli dèi del sereno 

 

Grazie, dèi del sereno, del dono

di queste ore assolate e odorose

da spartire come il pane da gustare

come il nostro desiderio quando cresce

 

nutrito dalla smania, come in lei

ora un’intensa pena camminando

al mio fianco, ombra e sole tra i rami

e i suoi capelli, come in me nel sangue

 

arsura e sale se al pensiero balena

la luce del suo corpo quando nudo

disposto all’amore si offre nell’ora

in cui nessuno più transita umano

 

o animale e il silenzio è oro fuso

versato sul paese, come in noi

dopo l’affanno dolce stanchezza

e riposo nel sole che declina

 

 



Queste cinque poesie furono pubblicate, con lo stesso titolo e con un disegno di Enrico Pulsoni, dalla Stamperia d'Arte il Bulino di Sergio Pandolfini il 31 maggio 2023.

lunedì 6 maggio 2024

Rossano Pestarino

 OGNI MORTE 


              In memoria del poeta marocchino Mohcine Akhrif

 

Ogni morte è assurda,

quasi quanto la vita.

E la poesia che ancora va cercando

il senso della morte, della vita…

 

Lo scopre un poeta, o così crede;

vince la timidezza, la certezza

dell’assurdo anche di questo andare a capo,

prende il microfono e comincia a leggere.

La voce non è sua, è della Morte,

che si ascolta gelosa e poi lo strappa

con l’unghia dalla terra.

Lo attraversa d’un lampo.

Gioca con le parole,

la Morte innamorata, si diverte

a fare cronaca di vecchie metafore.

La morte è l’energia,

il corpo del poeta è il conduttore:

a terra, fulminato.

Nessuna morte è assurda.


(inedita)