lunedì 16 aprile 2018

Francis Scott Fitzgerald

TRISTE CATASTROFE

Non vogliamo visite, dicemmo:
I visitatori vengono e se ne stanno seduti per ore e ore;
Vengono quando noi siamo già a letto;
Restano imprigionati qui dagli acquazzoni;
Vengono quando sono tristi e depressi
Bevono alla bottiglia del tuo cuore.
Una volta che sia vuota, la gaia orda,
urlando il Rubaiyat, se ne va.

Non mi facevo vedere: Stavo lavorando, gridavo;
Comparivo con la barba lunga, o non comparivo affatto;
Ero rimasto senza gin; la cuoca era morta
Di vaiolo e altre panzane del genere.
Sul tanghero e l'amico volgevo lo stesso
Occhio senza espressione, lo stesso tono impaziente:
Le persone dotate di bellezza, fama e intelligenza
Si accorgevano che desideravamo essere lasciati in pace.

Ma i seccatori, gli insopportabili e i maleducati -
Chiacchieroni, anime solitarie e ciarlatani -
Che fino a quel momento non avevano osato disturbare,
Ci trovarono soli, affluirono all'attacco,
Credettero che il silenzio fosse attenzione, la rabbia
Un'eco della loro ultima guerra,
Lieti che più non "fossimo di scena".
Ma la gente simpatica non venne più.

Traduzione di Domenico Tarizzo

da L'età del jazz, Mondadori 1990 

Nessun commento:

Posta un commento