venerdì 18 ottobre 2019

Francesco Dalessandro


IL CLANDESTINO                
un apologo

I

L’abbiamo cercato in ogni angolo di casa
dalle camere alle scale alla cucina
senza trovarlo il topino che Gina
ci ha detto d’aver visto arrampicarsi
dietro la libreria, ci siamo dannati
spostando i mobili i letti gli armadi
cercandone le cacche lungo i muri
sotto i divani… niente! preoccupati
che durante la notte rovistasse
in giro abbiamo preparato un’esca
avvelenata e siamo andati a letto
sperando non ci svegli il suo squittìo
d’agonia perché spinto dalla fame
ha morso quel boccone avvelenato

II

l’esca era intatta quando stamattina
siamo scesi per fare colazione:
sia stato furbo o solo fortunato
che gran sollievo per noi non trovare
il suo cadaverino da gettare
in qualche buca o dentro l’immondizia!
mi son detto che forse dovevamo
lasciargli qualche scaglia di formaggio
invece di provare a avvelenarlo
perché era certo un profugo affamato
un rifugiato che cercava asilo
politico o un migrante clandestino
da un solaio o una stalla dove un gatto
assassino cercava di mangiarlo

(inedita)


1 commento:

  1. Una poesia che sorprende verso il finale con un rovesciamento di attenzione verso tutti quelli che sono minacciati e cercano un rifugio. Una riflessione empatica che ci porta a guardare i fatti in modo diverso, ribaltando il punto di osservazione.
    Un caro saluto

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