lunedì 4 maggio 2020

Luigi Picchi

LA PROFEZIA DI LUCREZIO

So quello che direte di me: la follia, 
l’intermittente lucidità della scrittura, il filtro
assassino, il demone della conoscenza,
il coraggio della Ragione, l’audacia del canto,
ma ben altra è la mia storia: non fu suicidio
la mia morte, ma vertigine, un precipitare
dalla rupe della Visione, un collassare
del pensiero dietro ad una Verità
sfuggita e terrificante. Fu in un lampo
la percezione dell’Inferno, l’eterna caduta,
la dannazione che dall’Angelo passa
all’Uomo.

Sì, vidi l’orrore che s’apre sotto le cose,
la voragine del male, l’orgia dei demoni,
il ghigno di Tifone, l’isteria delle Erinni.
All’improvviso tutto fu chiaro: la cacciata
dall’Eden, la colpa originale, la separazione
dal Dio, la ribellione sacrilega, l’empietà, 
lo sfregio all’anima, la perdita della grazia. 

Vidi l’anima non dissolversi nel nulla,
non disgregarsi in polline d’atomi, ma durare 
oltre la morte come viva e ancora materiata
e rattrappirsi in se stessa, raggrinzirsi,
accartocciarsi in una dolorosa, disperata
e rabbiosa vergogna.

Vidi l’assurdità del clinamen, il vuoto
morale del Vuoto cosmico, un vuoto glaciale,
l’assurda danza degli atomi, il loro brulicare,
fermento di cagnotti e blatte. Vidi le anime
graffiarsi eterne, immerse nella morte,
una morte più atroce perché continua, 
reiterata. Vidi il sangue, il ghiaccio, 
il fango, lo sterco e le torture
delle anime.

Fu un eros mentale e spirituale a precipitarmi, 
l’eros dell’anima che s’incendia per l’Idea
e arde e s’estingue in un Fuoco più fuoco
del pensiero e del canto. Una Venere celeste, 
minervina trafisse di lancia la Venere terrestre
sull’altare della Verità. Precipitai nell’Ade
come roccia in frantumi e nella caduta ebbi
la Visione infernale.

Poi nel Limbo ritrovai
la quiete, mi riposai in una straziante
dolcissima malinconia e per decenni aspettai
Uno che doveva passare a liberarmi.
E l’Atteso arrivò lieve e luminoso, striato
di sangue lucente e il suo sguardo cancellò
ogni angoscia, fece leggera e pura l’anima
(una linfa purificatrice scorreva in me
fondendo cuore e pensiero, voce, battito,
respiro, canto). Mise ali all’anima e profeta
tra i profeti ascesi in un vortice di luce
e melodie prendendo posto nel coro
dei beati, come api ronzanti ebbre
nell’amato alveare.

Ora dite pure che sono stato il profeta
della Scienza, la Ragione liberatrice, 
l’angoscia esistenziale, precorrendo Leopardi
e Schopenhauer e nella pazzia Nietzsche
Van Gogh, Hölderlin e Campana. Non importa: 
le teorie dei professori non mi toccano né più
l’elogio d’altri poeti. Qui c’è luce infinita
e non l’inutile, freddo, morto vorticare
d’atomi destinati al nulla, qui non serve
la parola, qui c’è la Parola, qui non servono
il verso, il ragionamento, lo sforzo
della volontà che all’istinto s’oppone,
passione contro passione, qui c’è una pace
che è fermento, un silenzio che è musica
ed è finito il cercare, il perdere, la paura.

da Antiqua lux, Moretti & Vitali, 2018

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