mercoledì 23 gennaio 2013

Alessandro Peregalli


LO SGUARDO

Una sera che ti parlavo di Baudelaire,
tu mi guardavi coi tuoi occhi chiari
limpidi azzurri come l’acqua o il ghiaccio
(io sono abituato ad occhi neri,
vellutati, profondi).

Così mi guardavi anche la volta
ch’io dicevo la vera filosofia
esser la scienza
(la taverna del Lyskamm scintillava;
fuori la neve, la notte azzurra, le luci
di Gressoney; dentro si rideva
in tanti e l’amico mondano, eterno oggetto
della mia invidia, esortandoti
a sedere tra noi, mentre tu andavi
e venivi dal bar perché portassero
subito lo champagne, esclamava: “Vogliamo
te!” E chi non ti vorrebbe,
bella come un novello albero, un fiore,
seria come il cielo stellato, luminosa
come la brezza che percorre il mare!).
Tu mi rispondevi ch’eri d’accordo,
ma lo dicesti con tal sicurezza
ch’io credetti scherzassi,
                                                        e tu guardavi
appunto con quegli occhi aperti chiari
come l’acqua l’argento il ghiaccio il cielo,
il mare.


Da La cronaca. Poema 1939-1982, il Saggiatore, 2003


1 commento:

  1. Se ho capito bene, lei, appunto, vedendo il mare (cosa che da quella montagna richiede una buona immaginazione) invece che Gressoney, dà dimostrazione di aver capito che la vera filosofia è la scienza. Mi sa però che per scienza essa intendesse più la viticoltura che altro. Mi viene in mente l'affermazione di Pasternak, che soltanto gli occhi marroni sono buoni.

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