venerdì 28 febbraio 2025

Carlo Bordini

 FORMAGGIO


Finita è l’illusione dell’amore:
ci ritroviamo, Egidio, con le nostre miserie
di tutti i giorni,
compagne care nostre, familiari
ai nostri lunghi pomeriggi vuoti.
In frotta ci vengono incontro, le riconosco tutte:
hanno il sapore dei ricordi, sono
noi stessi.
Siamo tornati a casa, apriamo le finestre: 
su, riconosci, guarda, la poltrona, il tavolino,
e gira per le stanze ancor deserte, spalanca
le finestre: siamo a casa!
Guarda lo studio, guarda
la camera da letto, ancora intatta come la lasciasti, guarda
tutta in disordine, con la chitarra sopra il letto,
che strano, guarda
il libro che leggevi quando partisti,
sul tavolino ancora…
Siamo sinceri con noi stessi:
questa è la nostra vita.
Ora si cena, poi si gioca a carte,
e poi stasera penseremo forse
alla villeggiatura ormai lontana.
- Strano, soltanto ieri… -
Alla villeggiatura bella e artificiosa che si chiama amore


da Un vuoto d'aria, Mondadori, 2021

mercoledì 26 febbraio 2025

Carlo Bordini

 CANDID CAMERA


L'abitudine alla meditazione

genera uno spirito tranquillo,

ma talvolta si è indotti allo

sconforto

dall'inanità della vita umana.

Solo osservando le vie

che ai nostri destini conducono

e le miti vite dei cani e degli

asini

nel sole di mezzogiorno

si comprende la nostra castità.

Si può avere l'esatta nozione

della bicicletta che cammina,

l'ombra dei raggi sulle strade

fanno pensare a lontane estati,

quando con la vestina trasparente

eravamo trasparenti sul fondo

del mare.

Ho passato una pessima estate - 

illuso dall'estate -

in un bungalow troppo caro.


[...]


da I costruttori di vulcani, Luca Sossella editore, 2010

lunedì 24 febbraio 2025

Carlo Bordini

 

AMICO

ho visitato un amico che stava morendo.
mi perdonò di essere vivo. mi sono accorto 
che me n’ero sempre vergognato. lui invece mi spiegò
che non era una colpa. non l’avevo fatto apposta, io.
mi spiegò che essere vivo non era una colpa. non facevo male
a nessuno. ma ci volle lui per spiegarmelo. a lui ho creduto.
mi spiegò che se facevo male non era con intenzione. mi perdonò.
mi consolò. sei simpatico, mi disse, anche se non stai morendo. nella
vita avrai tante cose belle, piacerai alle donne. mi fece far pace
con la vita, come si fa con una fidanzata riottosa.

Da I costruttori di vulcani, Luca Sossella Editore, 2010

venerdì 21 febbraio 2025

Italo Benedetti

 LA BOTOLA


Che tu ci venga o no, poco importa.
La botola è ampia
il cerchio d’acciaio non mi terrà
sospeso tra il buio e la luce
dei due emisferi.

Scenderò da solo: avrò
prima i brividi toccando col pollice
polpose granfie e viscide pareti
poi tremerò al soffio delle correnti.

Ogni botola sigilla un cupo Maelstrom.

Ma bisogna agire, aprire, scendere.

Non necessariamente soli.
Ma quasi sempre soli.

Da I giorni d’oro, Remo Croce Editore, 1984

mercoledì 19 febbraio 2025

Giorgio Bassani

 

A LIGURINO

(Imitazione da Orazio)

 

Quando alla cera del tuo volto, protervo alunno d’amore,

un’aspra piuma verrà, che ne contenda le rose;

quando i biondi capelli che ora al molle tepore

delle tue spalle fremono, cadranno, morte cose:

 

forse allora allo specchio mirandoti con triste orrore

- ispido e squallido -: «Ahimè», dirai, «questo son io?

Perché non torni bella, gota, al mio nuovo cuore?

È quest’arduo conoscermi che offende il cielo iddio?»

 

Da L’alba ai vetri, Einaudi, 1963

lunedì 17 febbraio 2025

Giorgio Bassani

 VERSO FERRARA


Questa è l'ora che vanno per calde erbe infinite

nel mio paese gli ultimi treni, con fischi lenti

salutano la sera, affondano indolenti

in sonni dove tramontano rosse città turrite.


Dai finestrini aperti il vino delle marcite

monta al madido specchio delle povere panche;

dei giovanili amanti scioglie le dita stanche,

fa deserte di baci le labbra inaridite.


da L'alba ai vetri, Einaudi, 1963

venerdì 14 febbraio 2025

Tiziano Broggiato

 

MI VENGONO INCONTRO

 

Mi vengono incontro come ombre,

come figure di un ordine sospeso

tra la nebbia spessa

di questa vigilia di Natale,

passanti solo a me visibili,

sagome che sembrano uscite dai cancelli

del breve interregno.

 

È sera di commiati questa,

e l’odore dei fuochi invernali

ravviva l’intimo rammarico

per un’altra stagione dissipata

e spergiura.

 

Viale Eretenio, forse

(ma non ha importanza):

qui aspettiamo che ci liberi

oil coro degli uccelli a mezzanotte.

 

Da Città alla fine del mondo, Jaca Book, 2013

Giorgio Bàrberi Squarotti

 

LA VERITÀ DELLA VITA

Fu sempre certo di aver avuto molto
da Dio perché ebbe te i due figli qualche ansia e affanni
sopportabili, cioè la verità che forse salva,
anche se non consola.

Desenzano, 4 giugno 1981


da Visioni e altro, Piovan Editore, 1983

 

mercoledì 12 febbraio 2025

Giorgio Bàrberi Squarotti

 

L’OCCHIALAIO DI AMSTERDAM

– Potrebbe questi occhiali, oggi (mostrando
le lenti rotte, una lunga crepa nel cristallo
come la linea folle di una mano
o i rami di un arido albero d’autunno
nei riflessi d’aria e acqua del canale).
Il vecchio aveva un berretto nero sui capelli
bianchi, disordinati, un lungo naso adunco,
le mani delicate, lievemente
curvo sul tavolino pieno di fogli mezzo scritti.
– Il  signore (disse sorridendo)
dovrebbe andare altrove, in questa
città ci sono molti ottici più bravi
di me, e hanno lenti perfette con le quali
si può vedere ciò che c’è davvero:
queste case borghesi, brune,
le anatre sulle acque appena mosse
dal vento, le nuvole che sono solo nuvole e non fumi
d’averno o angeli in fitto volo verso il Sud,
bionde le ragazze in bicicletta:
io ho lenti mal riuscite, che deformano
le figure e anche i cieli, creano strisce
di vario colore, cubi, linee nere
lunghe fino all’orizzonte e ancora oltre,
volti quadrati e cerchi che non hanno
centro, e il fondo anche dei canali sporchi
dove dorme il pesce di Giona nel buio
sotto le banchine, ed ecco il visitatore frettoloso
nel mattino, si toglie il cappello, guarda intorno,
calcola i danni che il ladro della notte ha provocato,
le tazze sparse a terra, ancora un poco
macchiato il corpo della signora nuda sopra il letto,
le tracce del caffè sopra il tappeto,
il libro lasciato aperto: ma se non crede che
dalla nebbia leggera possa uscire
il carro d’Elia invece della chiatta
carica di cemento e di mattoni,
se non le interessa il dio che io qui aggiusto
meglio che gli occhiali certamente,
oggi i raggi di luce, ieri forse il tuono
o il fuoco o anche la memoria e la mano
troppo debole ormai perché possa
scrivere nuovamente qualche vecchia
parola sulle tavole di carta:
è di là, respira appena, un soffio lieve
più di quello dell’acqua che lo spirito
percorre, segnando con il sangue le porte brune e 

                                                                                bianche,
altre come dimenticando per la fretta,
forse non è neppure visibile del tutto,
ma se con queste lenti (frugò in un cassetto,
sempre più impaziente, fra tintinnii di vetri,
limpidi urti di metalli, nell’odore
di antico legno, e anche la bottega ne era piena
come una barca venuta di lontano;
poi scosse il capo): vada da un’altra parte
(disse), di là, oltre la piazza,
oltre la sinagoga, dove sono
i negozi moderni, illuminati
fin negli angoli in cui non c’è mai stata
la polvere che qui è sopra ogni cosa,
scesa dai cieli mentre si sfacevano
a uno a uno, dai libri scritti in lingue incomprensibili
o non più scritti ormai, il lavoro dei tarli e del silenzio
o dell’umido vento di qui: io non aggiusto più
nulla, certo non questi occhiali, forse
non c’è più nulla da aggiustare
davvero, le nuvole enormi di tempesta
sono solo nei quadri dove non
lasciano più cadere pioggia e gelo e inondazione
sulle pianure grige, gli alberi spezzati
hanno ancora fronde verdi, né la strada è
interrotta, le navi non affondano anche se sono
orizzontali sopra le acque nere,
tutto è immobile e sereno nelle grandi
cornici d’oro, sì, ha la barba, è un poco
stanco, dipinge, la domenica, su tele
molto consunte, un po’ piangendo a tratti,
sempre lo stesso paesaggio di canali
di prati d’ombre, e anche qualche autoritratto
un po’ infedele, anche se aveva 
fin dal principio vietato che si facessero figure 
e false immagini di sé.

Amsterdam, 21 novembre 1981

da Visioni e altro, Piovan Editore, 1983

lunedì 10 febbraio 2025

Giorgio Bàrberi Squarotti

 

LA GIOVINEZZA

 

Forse non era proprio la Giovinezza la ragazza

bruna che gli passò davanti in corsa,

danzando, nella luce della festa,

un po’ ridendo con gli amici, un poco

abbassando gli occhi per mirarsi

nello specchio un po’ appannato del suo sguardo:

forse non era neppure bella come

dapprima gli era parso: niente più

che una ragazza, forse perfino un po’ volgare,

ma così disperatamente giovane

nel pomeriggio di settembre, quando il sole

è presto vecchio e pallido, e le ombre

delle case in fretta enormi scendono

sulla piazza e confondono le immagini

e i suoni e le parole e i movimenti

e allora infine nessuna pena punge più

perché non c’è più nulla.

 

Acireale, 10 dicembre 1981


da Visioni e altro, Piovan Editore, 1983

venerdì 7 febbraio 2025

Antonella Anedda

 ANNALES

 

Rileggendo Tacito durante questa estate di massacri

il conforto veniva dal latino, la nudità dei fatti,

l’assenza o quasi di aggettivi,

il gerundio che evita inutili giri di parole.

Confrontando la traduzione con l’originale

il testo italiano colava più lentamente sulla pagina.

In giorni pieni d’insegne levate in diversi schiarimenti

la sintassi agiva come un laccio emostatico,

frenava enfasi e lacrime.

Sestilia, la madre dei Vitelli, non esultò ci dice Tacito,

mai per la fortuna, sentì soltanto le sventure familiari.

Il grigio libro di Tacito

scritto quando il suo autore aveva sessant’anni

dice soltanto ciò che deve. Sul grigio orizzonte

degli Annales non c’è posto per i paesaggi o per l’amore.

Ci cura questa forma lapidaria:

«La radicata cupidigia dei mortali,

i premi ai delatori non meno abominevoli dei crimini,

il metallo che decreta l’oro».

 

Da Historiae, Einaudi, 2018

mercoledì 5 febbraio 2025

Antonella Anedda

 CONTRASTO


Lo capite da sole parole,

non vi posso più mostrare

con voi faccio del male. Non posso continuare.

Non voglio ferire, non voglio lusingare

ma restare nel calore minimo di un cerchio familiare.

Dunque parole siate buone, andate nel silenzio

abbasserò la voce fino in fondo.

Dalla bocca già escono solo sciami di lettere

cartigli medievali.

L'incontro dei vivi con i morti è il nostro affresco.

Serve a rinunciare.


da Tutte le poesie, Garzanti Grandi libri, 2023

lunedì 3 febbraio 2025

Antonella Anedda

SOIS SAGE

                         Sois sage, ô ma Douleur, et tiens-toi plus tranquille.

                                              Charles Baudelaire, Recueillement

 

Spegniti dolore anche solo per poco,

quel piccolo decrescere che concedono i farmaci,

ecco vedi è già notte il lago è nero,

il monte si replica sull’acqua,

che facciamo ancora svegli io e il tuo bruciore?

Vieni sonno confondici, rendi la schiena duttile,

scorri, concedici una tregua, addormentaci piano

non importa quanto tempo ci metti,

le dita sul lenzuolo sono ghiaccio e la spalla una fiamma

una distesa di neve e in alto un focolare.

Spegnetevi dolori oppure quietamente

andate dentro il sogno diventate echi

almeno per un po’ in quello spazio pietoso.

Siate gentili durare tanto a lungo non è saggio.

 

Da Historie, Einaudi 2018