A LIGURINO
(Imitazione da Orazio)
Quando alla cera del tuo volto, protervo alunno d’amore,
un’aspra piuma verrà, che ne contenda le rose;
quando i biondi capelli che ora al molle tepore
delle tue spalle fremono, cadranno, morte cose:
forse allora allo specchio mirandoti con triste
orrore
- ispido e squallido -: «Ahimè», dirai, «questo
son io?
Perché non torni bella, gota, al mio nuovo cuore?
È quest’arduo conoscermi che offende il cielo
iddio?»
Da L’alba ai vetri, Einaudi, 1963
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