INTERNO FAMIGLIARE
La domenica era trascorsa uggiosa, con la voce dell'amico
opaca e svogliata al telefono,e il silenzio di mia moglie
che lasciava cadere le mie timide offerte di colloquio
come fa la donna del luna-park con i bersagli sbagliati.
Avevo provato con il lavoro, ma il sermo familiaris
delle Epistulae di Cicerone, desueto a un traduttore di testi
aulici e il colore sgradevole della cartella che le conteneva in fotocopia,
avevano sbalzato il pensiero alle bandiere innalzate
anno dopo anno sui cantieri dei palazzi ultimati
e ora angosciosi anch'essi, semideserti per la festa
nel crepuscolo di gennaio che zittiva i bambini e gli uccelli.
Ma ecco riportava una folata di vita, riaccendeva la fiamma
degli affetti familiari sopiti la figlia che vive i suoi otto
anni con la diafana serenità di un angelo della luce
in tempi come questi di angeli delle tenebre e di gnomi.
Ha voluto per commento al suo pasto che le narrassi una storia di Ulisse,
e più tardi, entrando fra le coperte, mi ha chiesto notizie delle meduse:
non sapeva che fossero animali, ho aggiunto che ustionano
con il velo lattiginoso la mano protesa a ghermirle;
allora ha chiosato con un errore che l'assembrava a un fraticello dei Fioretti:
"Gesù ha dato ad ognuno la sua difensione".
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