venerdì 29 agosto 2025

Massimo Morasso

 PER ANNI, IN CERCA DI SOLLIEVO


Per anni, in cerca di sollievo,

ho tratto dai ricordi le parole,

ma adesso il mio paesaggio si è invertito.


Ora ho levato

il mondo e

vivo solo negli anfratti

meno esposti del reale:

sono una nostalgia celeste

ardentemente arresa al suo delirio.


da Frammenti di nobili cose, Passigli. 2023

mercoledì 27 agosto 2025

Massimo Morasso

  IN PRINCIPIO FU LA PAROLA



In principio fu la Parola

e, per sua grazia, i mondi generati:

la realtà.

 

Ma il tempo passa, e tutto si dimentica.

Le volpi, ormai

s’industriano a zittirla, la parola,

raspano intorno alla memoria dell’origine

per affossarla nel sonno della lingua…

 

Però restano piccole nei branchi,

patetiche e cialtrone, e non ci riusciranno.

Cantiamo un kyrie anche per loro, Cristo Santo,

per le tribù dei vignaioli illuminati

e poi per noi, per i poeti

che non sanno quel che fanno.

 

da Frammenti di nobili cose, Passigli, 2023

lunedì 25 agosto 2025

Massimo Morasso

 CI SONO CERTE NOTTI


Ci sono certe notti che il paesaggio

sembra muoversi con circospezione,

disporsi al nuovo cautamente

in un chiarore pieno di presagi

si attende a lungo

fuori di metafora

la svolta decisiva del linguaggio.


da Nel ritmo del ritorno, Edizioni L'Obliquo, 1997

venerdì 22 agosto 2025

Massimo Morasso

  GENOVA NON HA POTUTO NULLA CONTRO


Genova non ha potuto nulla contro

l'incedere dell'autunno.

Il freddo è arrivato, le nuvole

circondano i castelli, i balestrucci

sorvolano i gazebo

in un ambaradan d'orchestrali impazziti.


E in basso, smottati giù nella medina multitutto,

i marocchini che s'imbucano nei bar,

intirizziti migratori che rimbalzano fra i vetri

nel mezzo del mistero del vivente -


e questo basta, e le volatili radici del reale.


da L'opera in rosso, Passigli, 2016

mercoledì 20 agosto 2025

Renato Minore

 RILEGGENDO L'INFINITO


                                Ciò che non ha termini non ha figura alcuna.

                                                                            Leonardo da Vinci


Collasserà questo tempo

e il tuo tempo non sarà

neppure quello infinitesimale

che divide la veglia dal sonno,

la vita dalla morte

nella formica saettata dallo spray.

Dal nulla risalirà il corso

e nessuno sarà così gentile

da informarci

che siamo stati defraudati

come se a un evento togli

il necessario calore di crescita,

l'abbaglio della forma.


Anche la tua profondissima quiete.


Particola in un ciclo

che non ci riguarda

oltre la misura

del tuo sbigottimento.

Senza sapere ciò che sappiamo

ancora fulmina

la pallida saggezza

del calendario audiovisivo.


da Ogni cosa è in prestito, La nave di Teseo, 2021

lunedì 18 agosto 2025

Renato Minore

 PAOLINA A PISA


                                                              Ho fatto versi questo aprile:

                                                              ma versi veramente

                                                              e con quel mio cuore d'una volta.

                                                                  Da una lettera pisana di Giacomo

                                                                  a Paolina (2 maggio 1828)


"Ho sognato di andare per mare.

Mare grande. Sogno colorato".

Da qualche tempo il risveglio di Paolina

era più dolce, crudele, elementare.

Arrivò stanca, ma d'una stanchezza buona

con cui trotterellava, e benissimo.

Il cappellino con veletta turchese

lo aveva raccomandato la modista:

"Sarà più alta, più composta, più frivola".


La quasi vecchina da lei interrogata

aveva denti guasti, sorrideva, piangeva:

"Oh il conte, il mio conte, signora,

suo fratello, parlava, mi parlava

di lei bambina, cercava la fede?

e quel giorno rincorse un topo

che m'atterriva, con la lampada girò

tutta casa, irato che quasi bestemmiava,

ma non lo fece, esile, pallido,

con il segno della cialda ancora in bocca".


Per fare calze ai bambini,

l'ago su e giù, di qua e di là

il vescovo l'aspettava ogni sera.

Corse nel Borgo in cerca di panforte.

Sentiva l'allegria stordita dei caffè,

il ridente frastuono di carrozze,

mai sfamata la memoria

di bisbigli e risa, appena dietro la cortina,

la vita segreta, dolcissima.


da Ogni cosa è in prestito, La nave di Teseo, 2021


venerdì 15 agosto 2025

Francesco Paolo Memmo

QUARANTASEI ANNI DOPO

                                                                                    a Maria


Le abbiamo giocate tutte le partite 

di questo nostro lungo campionato 

che dura da quasi mezzo secolo e ancora 

non è terminato. All’andata e al ritorno, 

in casa o costretti a faticose trasferte, 

in squallidi campetti di terra battuta 

o in splendidi stadi metropolitani. Abbiamo 

segnato molte reti, altre ne abbiamo subite. 

Ci siamo spinti all’attacco o raccolti 

in difesa serrata, affrontato avversari agguerriti 

ma li abbiamo sempre raggiunti e superati. 

Puntavamo alla non retrocessione e ci troviamo 

in testa, lo scudetto a un passo. 


11 febbraio 2024 


(inedita)

mercoledì 13 agosto 2025

Francesco Paolo Memmo

IN TERAPIA INTENSIVA

 

In terapia intensiva

con aghi fili tubi collegato a un computer

le cannule dentro le narici

mezzo vivo come mi trovavo mezzo morto

avevo solo pensieri felici:

il mare di San Vito, il volo delle colombe

a festeggiare Berruti il tre settembre del mille-

novecentosessanta, i compagni che sbucano a frotte

dai sotterranei della metro col fazzoletto rosso

al collo – fra poco c’è Lama che parla –

e le rosse bandiere e bella ciao.

Se mi era accanto la morte, non l’ho vista.


(inedita)


lunedì 11 agosto 2025

Francesco Paolo Memmo

 

ALLA PORTA

 

Non ho cambiato la serratura, tanto non serve

a niente. È già successo: ha bussato alla porta

e non l’ho fatta entrare. Ma insiste, lei, ritorna

e bussa e bussa ancora. Pensa così di avere la vittoria

nella battaglia dei nervi. Non vuol lasciarmi in pace.

Dice che tornerà di nuovo a reclamare i suoi diritti,

prima o poi. Io intanto vivo, curo i mei malanni,

scrivo, leggo, passeggio, osservo, attendo…


(inedita)

 

venerdì 8 agosto 2025

Francesco Paolo Memmo

 

VERSI PER M.

                                Voi che per li occhi mi passaste ‘l core

                                           e destaste la mente che dormia.

                                                                               (Guido Cavalcanti)

*

Che adesso, a pensarci, non era

più possibile vivere in attesa di vivere.

 

Che la notte non sogno più le folli

scalate al settimo piano, la sconfitta

immancabile scandita dall’urlo delle sirene.

 

Che la poesia è un gioco sottile dell’intelligenza,

non dolore rappreso in sparsi suoni

o testamento a futura memoria.

 

Che l’orizzonte, ho scoperto, è lontano

soltanto se lo guardi nel rovescio del cannocchiale.

 

Che le porte non hanno serrature.

 

Che ogni serratura ha la sua chiave.

 

1.

Al sogno che voleva rapirmi, nessuno

potrà resistere, io meno degli altri,

all’invenzione dei giorni impalpabili.

 

Niente nessuno in nessun luogo mai

potrà accorciare la debita distanza

fra ciò che marcisce e la linea ricurva

che segna l’orizzonte, l’immarcescibile

rosa, il giallo tulipano, o il mughetto.

 

2.

Perché la storia, intanto che parli,

non sia acqua di pozzo, unghie

laccate o cipria, vagito di neonato,

intanto che tu parli e racconti.

 

Purché tu parli, purché la storia

che ti preme narrare sia la stessa

che io voglio ascoltare in silenzio.

 

Del bosco che sotto gli abeti

ha partorito grano, per miracolo.

Della donna cha incantata vi canta.

 

3.

Dove lavora il tarlo, le foglie

si colorano di verde, lo spessore

dei giorni sviluppa il filo del presente:

ingigantisce l’amore, inorgoglisce.

 

4.

Mentre tu fai amicizia con la gioia,

stipuli patti con la felicità,

sei certa che proprio questo era il sogno.

 

5.

In ogni modo il mare non potrebbe

con aria sicura rispondere alle mie

richieste, neppure il sole impegnato

a giocare la sua partita a scacchi

con le nuvole.

Provaci tu, se puoi,

sostituisciti al mare, al sole di giugno,

non gridare sconnessi rimproveri a chi

era venuto per spiegarti dove…

 

Nel momento che la quiete sopraggiunge

a cavallo di un refolo, si placa

in esercizi d’equilibrio il delirio.

Come Burljuk che disegnava grattacieli

e donne con tre seni, e Kamenskij

che con pezzi di carta di vario colore

paziente preparava uccelli del paradiso.

 

6.

E io per meritarti, io

non faccio niente di così difficile:

mi alleno a meritarti, a dosi

giornaliere.

 

7.

La mia voce appassisce come un fiore

per troppo tempo lasciato senz’acqua

se si recide il cordone ombelicale

che mi lega al prodigio, al tuo miracolo.

 

8.

Non occorre tu ripari gli occhiali:

puoi vivere anche così,

anche a scatola chiusa,

puoi fidarti alla cieca:

ho buoni occhi, io, per tutti e due.

 

9.

Al calor bianco dei fatti, muta

la prospettiva della storia, la dimensione

da cui guardare agli eventi, con che

dovizia di prove, il visto per un lungo

viaggio. Le parti convengono la prassi

da adottare, il calendario dei lavori

a ritmo serrato, l’anello si salda su norme

prevedenti un’estrema vigilanza.

 

È qui, da qui, che ha inizio

la lotta per la non retrocessione.

 

 

mercoledì 6 agosto 2025

Francesco Paolo Memmo

 

LA NEVE   
                 

                    Il primo rilievo è già
                     quasi una persecuzione.
                                      (F. Cordelli)

E poi giunse finalmente la neve ma a dicembre
(era assurdo pretendere il contrario)
neppure a Roma del resto ma fuori com’è logico
in campagna: un’enorme distesa: e tuttavia
non bianca (l’attesa ha sempre un margine di errore:
eppure doveva essere bianca così la ricordavo
affacciato al balcone: io che ho della memoria
– diciamo la parola – un culto)

Ma non è poi questione di colore – certo – 
non è neppure questione di neve (di natura
semmai natura essendo anche lo sbaglio di natura)
conta però che intanto sia caduta che il cielo
si sia aperto: ed ora infatti è terso come
non mai in questi giorni – che sia cessata l’attesa
rientrato l’allarme

Si è ripetuto insomma è stato bello ne sono stato
aggredito posso pensare ad altro: a quello che non
c'è

Dove si vede che la neve è un segno 
– meglio un segnale: e che rimanda
ad altro. Simile in questo ad altri
anche opposti segnali. Che può essere
la vita o il suo contrario. Come l’albero
e l’acqua. Un destino se vuoi. Che tarda
a venire: per sua intrinseca ironia
Di questo passo è certo che persino
la morte non sarà casuale: quando verrà
se verrà se già non è venuta (potremmo
non essercene accorti?): un piccolo fatto
di ogni giorno un gesto: il più banale possibile

Potrebbe essere anche un gioco o peggio
– un  bluff – lo  dico vedi per metterti in guardia
(si comincia a giocare sempre giunti al colmo
della disperazione) sia la morte o la neve
siano i passi segnati sulla neve: indizi
di persone che poco fa sicuramente c’erano:
si saranno nascoste? hanno paura di me? o forse
sono tracce di animali? l’inizio di una pista?
o un tranello?

Dove si vede che la neve è un segno distorto
neppure infine una spia quando che sia scomparsa
svaporata: al di qua di ogni scarto dialettico
(seppure bianca per caso: come ancora infatti
la ricordo affacciato al balcone della mia vecchia
casa) precaria come un sogno: un segnare spezzato:

lo sapevo:

non c’è nulla che duri tutto l’anno: la neve
il piccolo pesce nell’acquario l’attesa il raffreddore
per quanto tutti ostinati e refrattari: niente

Benché fosse soltanto della neve che volevo
parlare. Di questa enorme distesa.


Da Linea di basso ostinato, Il Labirinto

lunedì 4 agosto 2025

Francesco Paolo Memmo

 ANTEFATTO DELLA NEVE                                 


... 
     per quanto c’entrasse di sfuggita
pronto a darsela a gambe lungo la tangente 
– c’era una folla ostile il sole ubriacava
l’aria di un ferragosto torrido – ebbene 
non è detto che qualcosa dovesse cambiare
ma insomma un mucchietto di neve sarebbe
stato assai meno di un miracolo (mia madre
ora soffre di coliche improvvise: ingratitudine
– dice – dei figli) in questa città vertiginosa
in questa vertiginosa Roma assurda Roma
paradossalmente felice dei suoi vuoti (e
mia madre lo sa che soffre d’improvvise nostalgie
non sa come difendersi dal caldo: l’ansia
è la sua aurea regola di vita) sebbene la tangente
sia un’impervia salita la montagna
quanto poco incantata in cui tutto davvero
tutto si riduce ad un’estenuata ripetizione
di gesti di cose di parole di nomi senza cognomi
– decise infine di restare in attesa della neve
convinto che sarebbe sopraggiunta: una questione
di attimi (mia madre ancora si diverte ad ammassarla:
senza saperlo tiene in mano la vita, l’attraversa...)

da Linea di basso ostinato, Il Labirinto

venerdì 1 agosto 2025

Francesco Paolo Memmo

 

GLI UCCELLI

 

Piove da tanto tempo per tanto ancora

pioverà sulle magnolie sull’erba sull’asfalto

coraggioso s’inerpica sul muro e sì

ce la farà prima o poi il rampicante

getta ponti invita alla salvezza altrui e sì

ce la farà con l’aiuto degli uccelli

in volo

 

Stormo di mezzogiorno sibilo fruscìo

dalle finestre aguzzano l’ingegno (simili

e consimili) provando la dialettica a specchio

metteranno radici a dispetto del pulviscolo

africano moltitudine sfrecciante ad intervalli

infinitesimi l’inverno già alle porte quasi

fosse

 

E finalmente metteranno ordine nel tempo

epilogante che precario incede fremiti

esalando gli uccelli in picchiata per antica

abitudine ma in dedizione totale e che

altro dovrei chiedere che infatti chiedo

dal mio tetro obitorio ai bicolori ora disposti

a squadra

 

Se ci pensi a pensarci mai deludono

le attese rammentano i giochi dei ragazzi

– ce n’era uno incomprensibile ma splendido –

abbarbicati ai muri trovavamo chiarezza

in sintonia con l’invenzione di vittorie

stupide da essere cantate e che cambiavano

il mondo

 

da Linea di basso ostinato, Il Labirinto