venerdì 31 ottobre 2025

Umberto Piersanti

 TENERA È L’ESTATE

 

tenera è l’estate

che finisce

in queste acque lontane

sotto i gran monti

 

qui le chiamano fole

mi dicevi,

son anime che strisciano

tra i rami

e accendono fiamme

in mezzo ai boschi,

chi ricerca castagne

o guida capre

le incontra con sgomento

nel cammino,

d’estate il grande sole

le addormenta

settembre le risveglia

e la frescura

 

pochi sono i bagnanti

sulla rena,

il sole non t’acceca

scende alle otto,

nessun pastore sale per i monti,

e un poco t’addolcisce

e t’addolora

l’infinito distante

di quei giorni

 

settembre 2016

 

da Campi d’ostinato amore, La nave di Teseo, 2020

mercoledì 29 ottobre 2025

Umberto Piersanti

  SOLO UN ANNO È PASSATO

 

Era i primi di maggio, un pomeriggio limpido

come succede in tutta la stagione una volta o due

solo un anno è passato, ma tu eri viva

e camminavi svelta per le macchie

madre com’eri viva, come parlavi forte

staccavi le vitalbe da ogni ceppo

sprofondavi nei greppi senza paura

poi risalisti con nei pugni stretti

i bei germogli verdi da cucinare

gli occhi tuoi azzurri, quelli della Fenisa

anche se alla luce sono inclini

di rado li avevo visti così chiari

 

la strada di quel giorno era tutta bianca

al margine dei colli, sotto i confini

s’assottiglia nei campi, quasi scompare

torna larga tra l’erbe, ma separata

dal tempo che ha sopra la sua dimora

 

era ormai sera, vidi l’orchidea

altissima, bagnata della luce

morbida, che arriva quando imbruna,

quante volte l’hai colta nel tuo fosso

e davanti allo specchio ti piaceva

intrecciarla un momento alle grandi ciocche

rosso-castane, che scendono alla vita

– tu non invecchi – e rido, mentre Sali

alla rossa orchidea, le stacchi piano

domani la metterai al davanzale

nel grande vaso verde che ti è caro

 

ora davvero sono solo

e nulla posso per il figlio lontano

ci fu un tempo felice nella casa

col padre e le sorelle, tu ci guidi

poi la vita e la morte ci disperse

rimanesti con me, ad aspettarmi

ti ringrazio madre per quei giorni.

 

(Luglio 1991) 


Via Lattea, n. 11, gennaio-giugno 1993

lunedì 27 ottobre 2025

Umberto Piersanti

 UN FUOCO DI NOVEMBRE


un solo fuoco di novembre
acceso, un solo fumo
s’alza tra la bruma
lieve che scende
e si congiunge al mare,
questa è una terra
che conosci da poco,
estranea ancora,
ma oggi la più tua,
più d’ogni altra contrada
accompagna lo sguardo
ed il cammino,
e tu ricerchi i varchi,
li oltrepassi,
ma poi dentro ritorni
ch’altro non puoi
da questa pace grigia
ti distoglie un pianto
senza senso e senza requie,
il grido sconsolato
di quel figlio
che sempre in queste nuove
stanze t’accompagna
altri fuochi ricordi,
in altre ere persi,
in altri spazi,
fitti per tutti i campi
sopra ogni greppo,
e tu ci passi in mezzo
stretto alla mano
della giovane madre
che ti conduce

giorni di Feste Meste
dice la madre,
ma attorno a quei fuochi
vedi figure come sospese
e liete
e trasognate
e nella cena scura
sulla madia
l’acetilene luce
tra i formaggi
e il vino salta fuori
dalla botte,
come fa l’acqua al fosso
sopra i sassi
quanta gioia ostinata
dentro ogni bruma,
infanzia tu sei
eterna epifania,
se spesso poi ti punge
con lunga spina
quei fuochi ancora illuminano
la strada

Novembre 2013

venerdì 24 ottobre 2025

Luigi Picchi

 OCTAVIUS

Per Valeria

*

Olea fragrans il profumo
del tuo candore, Valeria.

Api le tue parole.

*

Le tue meraviglie, Roma,
non valgono
i sorrisi e gli sguardi
di Valeria.

*

Maledetta neve!
M’impedisci
di vedere colei
che di te è più candida.

*
Non m’interessano le vostre cime,
Alpi, dove posano il piede solo gli dei.

Mi bastano questo pergolato, la sua ombra,
il laborioso ronzio delle api e questo epigramma
per Valeria.

*

Il tuo viso, Valeria,
è avorio nel gioco
della lucerna
e a me non resta
che scrivere un epigramma
alla tua malinconia.

da Antiqua lux, Moretti & Vitali, 2018

mercoledì 22 ottobre 2025

Luigi Picchi

 PLINIUS MINOR


II, 10

Indolente e cocciuto l’amico
Ottavio: valente poeta,
non si decide a pubblicare
quei suoi epigrammi, degni
di Marziale (già girano di bocca
in bocca per tutto l’Impero).
Qualcuno finirà per rubarglieli
e non bisogna poi contare
in un’edizione postuma
(gli amici hanno altro
da fare).

Prima della morte
è bene gettare le basi
del proprio monumento.

III, 1

Il cielo stellato sopra di lui
nell’armonia d’una vita regolare.
Questa la sua aspirazione.

Così ammira il vecchio Spurinna
che, lieto e sereno, trascorre
le giornate tra letture, conversazioni,
passeggiate, bagni, pranzi e cene
con amici, una partita di pallone
e infine la poesia.

da Antiqua lux, Moretti & Vitali, 2018

lunedì 20 ottobre 2025

Luigi Picchi

 QUASI UN PROEMIO

 

Tutta la vita in monastero,

dove non ho fatto che copiare

la Naturalis Historia.

 

Mai viaggiato, mai

lasciata l’abbazia

e fuori dallo scriptorium

solo il breve cammino

del chiostro, gli ambulacri,

le ore in coro, le meditazioni

e le penitenze in cella.

 

Ora, sereno, mi preparo

a morire.

 

Porterò a Dio la voce

d’un uomo che ha raccontato

il mondo, la storia.

 

Di questo universo

mi sento pieno,

come la Sua mente

prima dell’inizio

di tutto.

 

Così in me è cresciuta

una cattedrale di parole

e cose dove Dio riposa

e siede sovrano.

 

A Lui solo offro

questo codice,

scrigno di conoscenze,

in attesa della firma

definitiva.

 

da Antiqua lux, Moretti & Vitali, 2018

venerdì 17 ottobre 2025

Rossano Pestarino

 

IL TUONO HA INGOIATO LE VOCI

 

Il tuono ha ingoiato le voci

di fuori, rispuntano croci

nel fresco dell'erba un mattino

 

dove la luce arava

cumuli dolci e neri che la talpa

ancora scava, eterna come ieri.

 

Guarda, guarda! Formiche:

lungo i nervi del bosso

che via vai, sopra il rosso

dei mattoni; dal bricco vicino

sentila, la cicala!

 

                            Ma il silenzio

era intero nel bianco

fra le culle più antiche dove stanca

rifranava la terra:

 

in quel posto del mondo rotondo

cominciava tranquilla la terra.

 

da Lune d'Honan, Manni, 2012

mercoledì 15 ottobre 2025

Rossano Pestarino

 I PESCI REMO


Morivano, di calentura,

di arsura, di paura.

Schioccavano le sartie,

là nell'azzurro, alte,

i mezzogiorni placidi e feroci.

Come bandiere nere, fatte a croci,

goccianti pece.

Chi saltava, scavalcando a babordo,

nel verde brillante, fatto pescegatto,

chi si appendeva come una scimmia al trinchetto,

pendeva triste e ubriaco di sciagura,

sbalzato dalla luna

contro i fianchi di un fiordo.

Scrutavano l'oriente,

se apparisse la foce

di un fiume bianco dentro il mare. Qualcuno,

con la febbre che gli mangiava il cuore,

sapeva di una spiaggia di oro bruno

dove vanno a morire i pesci remo.

Tennero duro per mesi. La locura

di chi si ostina, forte,

il filo all'orizzonte vertigine,

ellisse vita-morte.


da I pesci remo, Italic, 2019

lunedì 13 ottobre 2025

Rossano Pestarino

 LA SINTASSI, DICONO? TU BUTTALA


La sintassi, dicono? Tu buttala

a mare, la sintassi, i piani

sovrapposti, embricati, la torre

di Babele che salendo si inabissa.


I pesciolini piluccheranno intorno intorno,

dall'asinello guizzerà Pinocchio


ma stavolta sincero, essenziale,

di vita grezza, sdutto,

com'era ancora nell'antro di Geppetto,

davanti a sé tutto intero il primo giorno.


da Lingua che non so, La vita felice, 2014





venerdì 10 ottobre 2025

Alessandro Peregalli

 

L’ISOLA

Il cielo a vortici lenti azzurri affondava nel cosmo,
gli alberi, come grandi piume, salivano sulla sinistra,
dietro di noi la casa custodiva compatta i segreti degli uomini
e davanti il paesaggio aperto lontano tra pioppi tremanti e roseti.
Il signore del luogo era biondo, superbo e delicato,
esprimeva il suo pensiero con grazia e fermezza interiore;
i suoi ospiti erano più dinamici: i loro pensieri sciamavano
                                                                              / intorno,
toccavano gli alberi, la casa, le arnie, i fiori, il muro di cinta
e tornavano al piccolo gruppo riunito sotto il cielo profondo.
“Che fare?” Era la domanda, comune in questo tempo
                                                                              / enigmatico.
“Io resto qui” rispondeva il signore del luogo con sorridente 
                                                                              / fermezza.
“Qui ho tutto: natura, calore, universo. Come una casa sul mare,
così da quest’ultima sponda
d’alberi m’affaccio al cielo profondo e alle stelle:
la terra, il cielo e le stelle, due occhi per ammirarle,
e dietro la casa, la casa con tutta la vita,
la mia vita di figlio, di uomo, la vita dei vecchi
che furono prima di me, i grandi fantasmi
del passato; aleggiano dentro discorsi,
amore, passioni e grida festose infantili”.
“Un mondo che non c’è più” diceva l’amica psicologa,
allegra mutevole chiara come onda marina.
“Tu resti legato al passato, non senti la spinta potente
verso il futuro”. “II passato è quello che ho.
Solo esso commuove!” E accompagnava la frase
con gesto gentile, quasi schermendosi. Intanto il marito
della psicologa, teorico, acuto, marxista, generoso e irruento,
esclamava: “Tu devi, come noi, costruire un mondo più giusto!”
“Ma il mondo non sarà mai giusto” diceva il poeta.
“È un’entità naturale. I rapporti tra gli uomini
sono come quelli tra gli alberi e gli animali.
La vita fluisce densa nella natura e trasforma
le cose viventi senza gli schemi precisi
che voi credete d’imporre. Piuttosto diciamo che vita
è anche futuro, speranza, che non possiamo restare
immobili, fermi ad adorare il passato
per bello che sia. Certo il passato
è l’unico aspetto del mondo su cui ci par di contare
con sicurezza, è l’unico riferimento
da cui partire per vivere la nostra autentica vita”.

A questo punto il discorso aveva preso una forma
visibile, plastica: il padrone di casa
sedeva con aria sognante con tutta la casa
alle sue spalle, come una grande anima,
una nube altissima, la grande madre celeste
(ma anche la madre nera, divoratrice, la dea della morte
che lo attirava tra le sue mura). L’amica psicologa andava
dall’uno e dall’altro, guardava negli occhi, alzava
il volto ad ognuno con la sua mano e tornava
irresoluta a sedersi pensando: “La vita non è
sogno”. Il marito di lei tracciava
grandi schemi seduto a una scrivania, concentrato
con piglio da grande tiranno, tracciava ostinato gli schemi
delle battaglie future, tremende pel genere umano.
Il poeta camminava in giardino, vedeva la casa
e vedeva le stelle perdute nel fondo del cielo,
sapeva la vita composta da più risonanze
che vanno e vengono, s’urtano e si rifrangono,
come le onde nel grande respiro del mare,
tra il cielo e la terra, le stelle più alte e lontane
e i cuori degli uomini che vanno per i sentieri di vita
in mezzo alle rocce, alle piante e agli animali che corrono;
lo stesso nel tempo: sospesi tra antico e futuro.
Amare il passato, ma anche amare la vita,
la donna giovane e bella, la luce della speranza.
Sperare in un mondo migliore, per me o per chicchessia,
per uno solo o per molti, speranza
da vivere dentro di noi e porgere altrui con amore.

Due altre in gruppo con noi: la padrona di casa
andava e veniva, porgeva rinfreschi ai suoi ospiti,
chiedeva notizie sul loro stato di grazia
e i desideri, rideva, era una calda presenza
che interveniva con quanto di giusto nel giusto momento.
L’altra, sposa al poeta, era la razionalità pura,
l’asta diritta d’un orologio solare,
l’aspetto austero del mondo, anche se sapeva ridere, gli schemi
                                                                               / precisi
di geometria applicati al predire la vita,
al prevedere in ogni dettaglio le azioni degli uomini
come la posizione d’un astro nel cielo stellato.
Ma, sotto l’azione e il rigore, coperti non c’erano fiumi
di caldo vigore terrestre, non c’erano sensi profondi
che scintillavano appena attraverso la cenere
come le stelle punteggiano appena lo spazio profondo?
Non lo sappiamo. Entrambe restarono mute
nel grande discorso sull’isola tesa allo spazio.
Parlavano, agivano. Ma entrambe rimasero assorte.

Da La cronaca. Poema 1939-1982, il Saggiatore, 2003

mercoledì 8 ottobre 2025

Alessandro Peregalli

 

IL REGNO DEI SERAFINI

Ho vissuto per tre mesi nel chiaro regno dei serafini
e la terra sotto di me era casta innocente e luminosa.
Il buio della morte era chiuso nei suoi tetri confini,
non lambiva la mia anima ridente con la sua ala tenebrosa.

Il tuo volto gentile, contornato da bagliori d’oro,
era sempre davanti ai miei occhi perché ad esso mi volgevo in 
                                                                            / poesia;
sullo sfondo le montagne candide facevano coro
al tuo aspetto immortale, regina dell’anima mia!

Ora la poesia è finita, quella gloria angelica è spenta;
restano fiamme che si accendono e muoiono a tratti;
cavalcate di buio tornano a ghermirmi senza

ch’io sia in grado di reagire e, se t’incontro, anche i tratti
del tuo volto mi sembrano un po’ cambiati, quasi un peso grave
li renda meno armoniosi e limpidi e più aridi e sfatti.

I tuoi occhi han perduto l’immensità del cielo visto da una nave!


Da La cronaca. Poema 1939-1982, il Saggiatore, 2003

lunedì 6 ottobre 2025

Alessandro Peregalli

 

COMPLEANNO

È tornata primavera.
L’aria s’è fatta dolce e il cielo azzurro terso
si stende fino all’orizzonte latteo incurvandosi sulla terra.
I drammi dell’anima si placano, l’inquinamento, la guerra,
sotto questa cupola sensibile, tesa dell’aria nuova.

Nel verde silenzio della mattina
dai boschi una montagna come una gemma rosa
esala il suo profumo lieve
al cielo, spirito delle selve.

Cinquanta voli di bava azzurra in cielo ha compiuto la Terra
attorno al Fuoco Idrelio da che il mio volto
uscì dalla notte della prenascita e fu circondato di luce.

Da La cronaca. Poema 1939-1982, il Saggiatore, 2003

venerdì 3 ottobre 2025

Alessandro Peregalli

 LA RICERCA DI TE

 

La ricerca di te è ora stanca come

il nostro amore: non so più trovarti.

C’è una zona di buio nel mio spirito

ch’era luce, era tua. Prima abbagliava

le mie giornate; ora è uno spicchio d’ombra

che di solito è inerte, non appare,

ma talvolta s’impone alla mia mente,

la occupa, la ingombra, sembra imprimermi

la non azione, il tedio, lo sconcerto

dei sentimenti, è come una rivoluzione

della mia essenza come il fatto primo

della mia vita. Allora, se d’un subito

penso a te, ecco che l’ombra si fa luce,

ecco che mi ritorna la ragione

delle cose del mondo e che lo spirito,

che pareva silente e ottenebrato,

torna a vivere ardito anche se sa

che nulla più d’un’immagine resta

del sentimento balenante fervido

che fu per te, che fu una parte splendida

della mia vita.

 

da L’anima – tutte le poesie e altro (1939-1989), La nave di Teseo, 2023

mercoledì 1 ottobre 2025

Alessandro Peregalli

 

 SOGNO

 

Giacevo

nel buio

della mia grande casa

di campagna,

quand'ella mi raggiunse

inebriante,

dolce,

mi avvolse

in una nube d'oro...

 

"Oh mostruosa colpa!"

(Otello di Verdi, atto secondo,

duetto tra Jago e il Moro.)

 

da Anima, La nave di Teseo, 2023