lunedì 23 novembre 2015

Onofrio Lopez

LA PESCAIA


                         I

La pescaia rende rapida l’acqua 
della piena a valle dell’ultimo ponte,
non trattiene rami e zolle estorti 
alle sponde sorprese inermi, ingaggia
la paratoia della memoria che apro 
allo scorrere incontinente di misture 
inconscie simili a corpi fluidi.

                          II

Da sempre volubile, il fiume orchestra 
fragore e schiuma nel salto ipnosi 
della corrente, si disperde da un tempo 
zero, convenuto, al tempo infinito, postulato, 
tra argini liberati dalla macchia superflua 
usati come tribune gratuite, di fronte  
all’impeto che sommerge ogni intralcio.


                          III

Un sentimento già provato gorgoglia
d’instabilità nello stesso riflusso che guardo,
cercando la formula del cambiamento
negli eventi  più ovvii, negli schizzi 
che bagnano senza necessità un bersaglio, 
nella competizione di gabbiani prolifici 
rientrati in città a svezzare la discendenza. 


                          IV

Di giorno, un’illusione ottica stordisce 
di luce riflessa l’archivio immateriale 
di miei frammenti d’epoca, paradigma
effimero di qualcosa che muta e che
disseta. Di sera, distorti i contorni 
della scena, poi il buio salverà almeno 
il suono degli scrosci senza colori. 


                         V

Solo l’aridità ostinata ucciderà 
quest’abbondanza di umori e di moti. 
Sotto la diga asciugata – le crepe 
nel fondamento tornate allo scoperto, 
le fratture dell’esistente macchiate 
di fango – il guado a piedi della terra 
secca sarà un gioco fra le rive indurite. 

    
Aprile 2015

(inedita)

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