SADE IN FUGA VERSO ROMA
Alla fine del Settecento, un viaggiatore d’eccezione
attraversava la campagna romana
lungo la via Cassia (che, insieme alla Flaminia,
era una delle due normali vie d’accesso a Roma
percorse da coloro che scendevano dal Nord).
Quel viaggiatore, in fuga in Italia
con la giovane cognata, era il marchese De Sade,
che così descrive nel suo Voyage d’Italie
l’approssimarsi a Roma: «Volendo avere
di giorno il colpo d’occhio dell’entrata in questa
capitale del mondo, mi fermai a dormire
in una misera stazione di posta chiamata Baccano…
Più di sei miglia prima d’arrivare a Roma,
si vede la cupola di San Pietro che si eleva
sopra tutto…
Il sangue è vile in quei pressi e i contadini
sono rozzi e piuttosto volgari. Da quella distanza
si può vedere qualche antico monumento
sparso nella pianura e lungo la strada».
Gli innumerevoli resoconti che descrivono il viaggio
verso la Città Eterna,
mischiando spesso verità e immaginazione,
ci permettono solo d’immaginare, appunto,
il deserto in cui il governo pontificio
aveva ridotto la campagna a nord di Roma.
Solo poche testimonianze riuscirono a squarciare
la nebbia del mito e a vedere la miseria
che, come gramigna, era nata dalle vestigia
d’un glorioso passato. Quella di De Sade fu una delle
prime.
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