venerdì 22 febbraio 2013

Luigi Amendola


LETTERA A TELEMACO 


È la regalità dei sedicianni 
che certo guida l’inquietudine 
da un argine a me noto, distante, 
se indugi cauto davanti agli specchi 
— con l’ampiezza del busto e delle spalle 
in evidenza —. Riconosco l’impulso filiale 
d’essere adulto ai miei occhi. 
Non gesti d’insofferenza o resa, 
né ricerca di tenerezza in te commuove 
quanto spiarti nei miei panni. Strano 
come io non veda i tuoi sguardi obliqui 
alle donne, presagio di future età, 
di rincorse solari, d’attese, 
tumulti di vene e lenzuola intrise. Avrai. 
E guardo addolcire nel sonno l’inclemenza, 
con il senso di colpa paterno 
di chi dà sapendo di sottrarre 
per timore, per scelta, per scarto di riserbo 
a mia discolpa. Quel timbro albo 
della voce, un punto di rottura, 
un’armonia del cuore o del caso, se vuoi, 
saperti a me uguale, vulnerabile; 
le notti all’erta ad ogni tuo respiro, 
la viva lucentezza dell’iride 
nel campetto di periferia — lasciarmi passare 
in dribling, finta di corpo prevedibile 
per i tuoi agili anni —. Questo ed altri fili 
d’erba, le vele nelle palme, ti devo. Figlio. 

(Inedita)

1 commento:

  1. Bellissimo tributo a un grande talento scomparso troppo presto .

    leopoldo attolico -

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