venerdì 27 maggio 2016

Paolo Ruffilli

DELL’ACCELERAZIONE



Appena alzato,
il pettine percorra
tante volte
il capo dalla fronte,
indietro, sulla nuca
e, poi, le unghie
grattino le tempie.

Una spazzola di ferro
raspi la barba,
tagliata di frequente
e non rasata mai. Che
è tra i segreti, con
lo strofinamento,
della prontezza d’animo.

Due o tre starnuti
prima di lavarsi.
E due o tre venti in
altrettanti piegamenti.
Sciacqui con acqua
di salvia e rosmarino,
forti brevi e frequenti.

E strofinàti il naso,
orecchie e mento.
Le palme a conca
con l’acqua fredda
contro gli occhi
aperti e chiusi, di
seguito, più volte.

E acqua fredda
gettata sulla fronte
e intorno al collo,
dietro, sulla nuca.
Ma, di mattino, sopra
ai denti niente pasta
e niente spazzolino.

Le frizioni escludono
gli umori e, nello stesso
tempo, aprendo i pori
tirano il sangue
verso il fuori.
Rifanno duro e molle,
spesso e raro.

Che si riscaldi e
prenda il suo colore,
avanti al cibo
e già svuotati il
ventre e la vescica.
E seguiti la quiete, di lì
in poi, senza impedimenti.

L’acqua e il massaggio
lento rimuovono le
parti morte e rinverdiscono
la pelle. Il sangue,
effervescente, conduce
l’ossigeno al cervello e,
poi, da quello in giro.

L’ora e quelle corte
pratiche rendono
volatile il pensiero
più elastica la mente.
Più acuto, l’orecchio
sente il suono e l’occhio
coglie i segni intorno.

Che, poi, andando
dentro al giorno
più lento, a poco
a poco, il corpo si
dispone all’abbandono.
Volge lo sguardo e
abbraccia il suo passato.

Solo accarezza quello
che aveva dominato
dall’alto della vetta.
Più dolce, poi, ma
fiacco e più offuscato.
Senza il distacco
della linea retta.

da Natura morta, Nino Aragno Editore, 2012



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