venerdì 5 gennaio 2018

Lorenzo Stecchetti (Olindo Guerrini)


IL CANTO DELL'ODIO

Quando tu dormirai dimenticata
            Sotto la terra grassa
E la croce di Dio sarà piantata
            Ritta sulla tua cassa,

Quando ti coleran marcie le gote
            Entro i denti malfermi
E nelle occhiaie tue fetenti e vuote
            Brulicheranno i vermi,

Per te quel sonno che per altri è pace
            Sarà strazio novello
E un rimorso verrà freddo, tenace,
            A morderti il cervello.

Un rimorso acutissimo ed atroce
            Verrà nella tua fossa
A dispetto di Dio, della sua croce,
            A rosicchiarti l’ossa.

Io sarò quel rimorso. Io te cercando
            Entro la notte cupa,
Lamia che fugge il dì, verrò latrando
            Come latra una lupa;

Io con quest’ugne scaverò la terra
            Per te fatta letame
E il turpe legno schioderò che serra
            La tua carogna infame.

Oh, come nel tuo core ancor vermiglio
            Sazierò l’odio antico,
Oh, con che gioia affonderò l’artiglio
            Nel tuo ventre impudico!

Sul tuo putrido ventre accoccolato
            Io poserò in eterno,
Spettro della vendetta e del peccato,
            Spavento dell’inferno:

Ed all’orecchio tuo che fu sì bello
            Sussurrerò implacato
Detti che bruceranno il tuo cervello
            Come un ferro infocato.

Quando tu mi dirai: perché mi mordi
            E di velen m’imbevi?
Io ti risponderò: non ti ricordi
            Che bei capelli avevi?

Non ti ricordi dei capelli biondi
            Che ti coprìan le spalle
E degli occhi nerissimi, profondi,
            Pieni di fiamme gialle?

E delle audacie del tuo busto e della
            Opulenza dell’anca?
Non ti ricordi più com’eri bella,
            Provocatrice e bianca?

Ma non sei dunque tu che nudo il petto
            Agli occhi altrui porgesti
E, spumante Licisca, entro al tuo letto
            Passar la via facesti?

Ma non sei tu che agli ebbri ed ai soldati
            Spalancasti le braccia,
Che discendesti a baci innominati
            E a me ridesti in faccia?

Ed io t’amavo, ed io ti son caduto
            Pregando innanzi e, vedi,
Quando tu mi guardavi, avrei voluto
            Morir sotto a’ tuoi piedi.

Perché negare – a me che pur t’amavo –
            Uno sguardo gentile,
Quando per te mi sarei fatto schiavo,
            Mi sarei fatto vile?

Perché m’hai detto no quando carponi
            Misericordia chiesi,
E sulla strada intanto i tuoi lenoni
            Aspettavan gl’Inglesi?

Hai riso? Senti! Dal sepolcro cavo
            Questa tua rea carogna,
Nuda la carne tua che tanto amavo
            L’inchiodo sulla gogna,

E son la gogna i versi ov’io ti danno
            Al vituperio eterno,
A pene che rimpianger ti faranno
            Le pene dell’inferno.

Qui rimorir ti faccio, o maledetta,
            Piano a colpi di spillo,
E la vergogna tua, la mia vendetta
            Tra gli occhi ti sigillo.

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