lunedì 22 aprile 2019

Umberto Fiori


OLINDO

62.

Vicoli, case di pietra
e di alluminio. Manifesti funebri.
Fumo di legna. Menta.
Il Conoscente rallenta,
trova un parcheggio proprio sotto la chiesa,
nella piazza centrale, in discesa.

Bar Sport. Caffè Ottolina.
Le tendine di plastica
crocchiano. Odore di caffè e bianchini,
di lisoformio e segatura.

“Non c’è di allarmi, non c’è di cancellate,
filo spinato, porte blindate, muri,
non c’è di grate, fossati, cani da guardia!
Non c’è di polizia!
State sicuri: prima o poi arrivano.
Oggi da te, da lui,
domani a casa mia. Quando fa buio,
come scimmie, su su per la grondaia,
arrivano gli zingari.

Anche ubriachi,
conoscono la via, sanno la casa,
il garage, i balconi, sanno bene
dove e come passare.
Sanno morte e miracoli, gli zingari!

Uno aprirà i cassetti, troverà
le foto di tua moglie
e le farà vedere al suo compare.
Lui riderà
con in mano una scarpa, un calendario.
Sono sempre lì a ridere, gli zingari.

Ma il peggio verrà dopo, lo so io:
quando vedranno che lì non c’è niente
che valga quattro soldi. Allora – addio!
Butteranno per aria tutto: armadi,
tovaglioli, centrini, soprammobili.
Cagheranno sul tavolò, gli zingari.

Prima o poi, cari miei,
li avremo qui.
Vedranno cosa c’è dietro le porte,
le sbarre, le pareti. Ci frugheranno
l’anima, sputeranno
dentro i nostri segreti. Io li sento
già ridere, gli zingari!”


da Il Conoscente, Marcos y Marcos, 2019



Nei giorni di Torre Maura, a Roma, stavo leggendo il libro di Fiori, uscito da poco, quando mi sono imbattuto in questo brano, detto (insieme al successivo, che leggerete mercoledì) da tale Olindo, in un bar di una località del Nord. Mi è sembrato esemplare per mettere in evidenza certi comportamenti e certe idee oggi molto accreditate su zingari, migranti e altra varia, ovvero diversa, umanità. 

Nessun commento:

Posta un commento