PAOLINA A PISA
Ho fatto versi questo aprile:
ma versi veramente
e con quel mio cuore d'una volta.
Da una lettera pisana di Giacomo
a Paolina (2 maggio 1828)
"Ho sognato di andare per mare.
Mare grande. Sogno colorato".
Da qualche tempo il risveglio di Paolina
era più dolce, crudele, elementare.
Arrivò stanca, ma d'una stanchezza buona
con cui trotterellava, e benissimo.
Il cappellino con veletta turchese
lo aveva raccomandato la modista:
"Sarà più alta, più composta, più frivola".
La quasi vecchina da lei interrogata
aveva denti guasti, sorrideva, piangeva:
"Oh il conte, il mio conte, signora,
suo fratello, parlava, mi parlava
di lei bambina, cercava la fede?
e quel giorno rincorse un topo
che m'atterriva, con la lampada girò
tutta casa, irato che quasi bestemmiava,
ma non lo fece, esile, pallido,
con il segno della cialda ancora in bocca".
Per fare calze ai bambini,
l'ago su e giù, di qua e di là
il vescovo l'aspettava ogni sera.
Corse nel Borgo in cerca di panforte.
Sentiva l'allegria stordita dei caffè,
il ridente frastuono di carrozze,
mai sfamata la memoria
di bisbigli e risa, appena dietro la cortina,
la vita segreta, dolcissima.
da Ogni cosa è in prestito, La nave di Teseo, 2021
Nessun commento:
Posta un commento