lunedì 18 aprile 2011

George Gordon Byron

ALLA CONTESSA DI BLESSINGTON


Mi hai chiesto pochi versi: che un poeta
li neghi sembra strano; solo il cuore
era la mia Ippocrène e i sentimenti
alla fonte si sono inariditi.

Oggi, fossi qual ero, canterei
quel che ha dipinto Lawrence così bene,
ma sulle labbra morirebbe il canto,
troppo tenue il motivo per il liuto.

Cenere c’è dove era fuoco un tempo,
e la poesia s’è spenta nel mio petto;
posso solo ammirare quel che amavo
e grigio è il cuore come le mie tempie.

Non la datano gli anni la mia vita,
ma ci sono momenti che da aratri
agiscono, nell’anima tracciando
solchi profondi come sulla fronte.

Lascia che aspiri gioventù e talento
a cantare quel che ora invano ammiro:
il dolore ha spezzato alla mia lira
l’unica corda degna di quel canto.

Traduzione di Francesco Dalessandro
da Il sogno e altri pezzi domestici, Il Labirinto, 2008


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