mercoledì 23 novembre 2016

Onofrio Lopez

LA GRANDE LIMONAIA
                         

                        *        

Agli estremi la balaustra è vaga,
non per difetti di prospettiva
ma per getti di nebbia
che stazionano equidistanti
dal centro più definito:
architettura del precedente,
formazioni incombenti,
ultimo appiglio. Fenomeno
inconsueto sarà così per poco,
dopo aver reso redditizia
la mia postazione, tribuna
fatta di nulla, ribalta oratoria
per spiriti leggeri in transito.

                          *

Ragionerei volentieri
di elementi euclidei e di spunti
filodrammatici se avessi
l’interlocutore giusto,
se non interferisse, nel parco
di contorno alla reggia provvisoria
– siepi alte su siepi – lo stridore
di passi sulla ghiaia
di turisti superstiti accorsi
alla grande limonaia, 

                          *

Il rumore delle suole si fa
allegoria ambigua di un viaggio
incerto nell’itinerario scosceso
che arriva ai limiti dell’anfiteatro
di corte all’aperto. La scena
avrebbe bisogno di una luce
più intensa per sperare
che lobelisco egizio produca
quel raggio meridiano
che, una tantum,  ribalti il verso
delle ore, sugli scaloni friabili
dov’è vietato l’accesso.

                          *

Una voce convoca il gruppo
di uditori sparsi alla serra
d’agrumi, i centenari nelle conche
giganti, altri, immaturi, velati
in vivai di terra scura.
Il profumo dei limoni nutre
d’ipotesi plausibili – guardando
in alto gli stemmi sulle volte
di gesso, forse di una palestra
di scudieri e di armi – l’idea
d’un epilogo all’altezza, prima
di cambiare rotta.

settembre/ottobre 2016


(inedita)

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