mercoledì 1 marzo 2017

IL MADRIGALE

3 - Michelangelo Buonarroti


*

Te sola del mio mal contenta veggio
né d’altro ti richieggio amarti tanto;
non è la pace tua senza il mio pianto,
e la mia morte a te non è il mio peggio.
Che s’io colmo e pareggio
il cor di doglia alla tua voglia altera
per fuggir questa vita,
qual dispietata aita
m’ancide e strazia e non vuol più ch’io pera?
Perché ’l morire è corto
a’ ’l lungo andar di tua crudeltà fera,
ma chi patisce a torto,
non men pietà che gran iustizia spera.
Così l’alma sincera
serve e sopporta e, quando che sia poi,
spera non quel che puoi:
che ’l premio del martir non è fra noi.


*

Quantunque ’l tempo ne costringa e sproni
ogni or con maggior guerra
a rendere alla terra
le membra afflitt’e stanche e pellegrine,
non à però ’ncor fine
chi l’alma attrista e me fa così lieto.
Né par che men’ perdoni
a chi ’l cor m’apre e serra
nell’ore più vicine
e più dubbiose d’altro viver quieto;
che l’error consueto,
com’ più m’attempo, ogni or più si fa forte.
O dura mia più c’altra crudel sorte!
Tardi oramai può tormi tanti affanni:
c’un cor che arde e arso è già molt’anni,
torna, se ben l’ammorza la ragione,
non più già cor, ma cenere e carbone.

*

Mentre c’al tempo la mia vita fugge,
amor più mi distrugge
né mi perdona un’ora,
com’i’ credetti già dopo molt’anni.
L’alma, che trema e rugge,
com’uom c’a torto mora,
di me si duol de’ sua eterni danni.
Fra ’il timore e gl’inganni
d’amor e morte allor tal dubbio sento,
ch’i’ cerco in un momento
del me’ di loro e di poi il peggio piglio;
sì dal mal’uso è vinto il buon consiglio.


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