lunedì 25 marzo 2024

Vincenzo Di Maro

 LA LUCE CHE CI INVESTE


La luce che ci investe, la molteplice

foglia che ripete la lingua

del vento, la stupefatta quota

della nube o il fragile anemometro

del volo, il denso filatoio della rondine:

ospite o insidia, non l'abbiamo

saputo. Ma ora il buio

mescola gli avi e li conduce

ai canali del sangue, ai notturni

sussulti della casa ormai spoglia.

E poi il cuore-aquilone, il cuore-uccello

che sposa la molecola del sonno.

Avremo tempo ancora, come su una

soglia, come in un film di Clair

di conoscere l'ospite del mondo.

Farmaco o cura non lo abbiamo

saputo, perché sempre

siamo una volta sola: già la bufera

che rovesciava il pullo dalla vetta

non esiste e lo rende                                     

arido in mezzo all'erba, le orbite vuote

un pullulìo d'insetti.

Già la scia si richiude

sul guizzo del delfino.

Non abbiamo saputo nella breve

accoglienza distinguere lo spazio

mutevole del sangue dalla stretta

di antichi corridoi.

Ecco la doglia, questo

il sempre poi

del poi.


(inedita) 

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