mercoledì 25 giugno 2025

Bruna Giacomi

 

Bruna Giacomi, romana, è stata segretaria di redazione della rivista «Arsenale», dalla fondazione e per tutta la sua durata. Là, sul n. 2, nell’ormai lontano 1985, pubblicò alcune poesie (qualcun’altra era uscita su «Materia»). Sono le sue uniche pubblicazioni che io ricordi. Non vanta libri. Le poesie che seguono sono di quegli anni Ottanta. Non so nemmeno se, da allora, Bruna Giacomi ne abbia scritte altre. Leggendo:  “Non presto più / attenzione alle gelide / luci improvvise dei versi / regalati dal caso / nel corso del tempo”, si direbbe di no, ma io credo il contrario, anche se sono quasi certo che nessuno le abbia lette. 

Di quest’essenziale canzoniere cosa dire? Subito questo: a me non dispiace che parli d’amore, e né mi pare che ne parli troppo, come sembra rimproverarla l’amico al quale è dedicata l’ultima, bellissima poesia. Se comunque è l’amore, “per quanto sia, per un’idea, / per il cane, il padre, per / l’altro – da sé”, che ci uccide, come si fa a non parlarne e scriverne? La differenza la fanno il ritmo, la lingua, la parola. Il verso di Bruna Giacomi è misurato sul respiro, mimetico nel ritmo, spezzato talvolta dall’ansia e, di più, dall’affanno: lungo o breve che sia, a volte di una sola ma esemplare parola (altre, più rare volte si esemplifica in misure tradizionali, come in questo splendido endecasillabo: “non ti saranno di conforto i versi”), è comunque accortamente disposto a significare le emozioni o gli scarti del cuore. Il vocabolario non è quasi mai banale; è, invece, vario, spesso ricco, anche prezioso (ma non pretenzioso). S’intuisce che ogni poesia, alla lettura così semplice e spontanea, nasconde un tormentato lavoro di cesello, cela ripensamenti e varianti: un lavoro, insomma, tutto teso alla ricerca di un senso sempre più trasparente, sempre più incisivo (si confronti, qui, la prima poesia con la sua variante più in basso: di alcuni versi cambia il movimento, che si fa più svelto, più fluido, e spariscono “le mascelle aguzze e veloci” dei ricordi, sostituite dall’aggettivo “maledetti”, che se forse impoverisce l’immagine, la rende però più diretta e, infine, più convincente).


RASOIATA AL CASTELLO  (II)


Variante                                                                                

 

Non timide colombe ma passeri

petulanti, non più

i tuoi occhi ma altri

mi sorvegliano addormentata

stamattina.

Così, mentre braccia perfette

mi stringono in un incerto

possesso, maledetti ricordi

rosicchiano quest’alba che

schiara la stanza e il letto.

 

 

 

COLLEVECCHIO

 

Disertato il rumore della

città dove l’ora con fatica

scivola davanti a lividi scaffali

o guizzato il minuto è trascorsa

di voci che più non distingui

frastorna la campagna, né gli

alberi conosci e può

turbarti un sapore perduto

o l’odore – da stordire.

 

 

 

*

 

Da troppo tempo un ragno molesto

ricama tele agli angoli

della mia testa: le parole mai

dette, quelle

m’impolverano l’anima se pure,

come dicono, esiste.

Fuori,

la rugiada trasparente dei

discorsi precisi e

perfetti.

 

 

 

*

 

Se oggi solo l’incedere delle stagioni

ci dà tregua e il ritmo – caldo,

freddo – dell’aria,

sarà poi la memoria

a finirci quando, disfatti

in minuti i giorni, e troppi

i ricordi affastellati dall’inguine

al petto, non s’accorderà più

il battito del polso all’altezza

del sole a mezzogiorno.

 

 

 

*

 

Da qualche parte

c’è la mia anima senza

luce, abbandonata al sole

improvviso in una giornata

d’aprile,

               straccetto

infeltrito dai troppi

ingorghi del cuore.

 

 

 

 

*

 

Non presto più

attenzione alle gelide

luci improvvise dei versi

regalati dal caso

nel corso del tempo.

 

E, come nell’amore

chi fugge vince, brilla

l’aria intorno a me di

ferite luminose lasciate

cadere senza cura.

 

 

 

*

 

Pura ardesia il lago

sotto una pioggia caparbia.

 

Ora il sole stordisce di nuovo l’acqua.

Un ramarro più verde dell’erba, già

disposta all’estate, fugge al mio passo.

Ritrovo il sentiero, la ragnatela s’è

distesa, il ramo inarcato, tutto è uguale.

 

Del resto non annienta la traccia un temporale,

in giugno.



 

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