DI GUARDIA
Mi
conoscono bene, hanno ragione:
io
sono come un cane,
una
di quelle bestie nere che dormono
intorno
ai capannoni industriali
e
se passi si avventano di colpo
sulla
rete metallica
e
più gli dici «Buono!» più si sgolano.
Adesso,
chi li consola?
Finché
non hai girato l’angolo
gli
bolle il sangue. Tirano tutti sordi.
Scoprono
i denti, mordono
anche
il filo spinato; ma sono gli occhi
che
fanno più paura: sereni
e
puri come quelli di un neonato
o
di una statua.
Hanno
imparato il compito: questo recinto,
tenerlo
sgombro. Sia senso del dovere
o
invece solo istinto, non ti commuove
almeno
per un attimo
la
scena che – loro – sempre, tutta la vita
li
fa smaniare, li esalta
e
li avvelena?
Io,
per me, lo capisco
meglio
di tutti gli altri che ho mai sentito,
questo
discorso.
La
riconosco bene la voce
fanatica,
che sbraita per difendere
–
così, alla cieca, per pura gelosia –
l’angolo
dove l’hanno incatenata.
Tu
non sai che cos’è, stare di guardia,
in
ogni odore
sentire
una minaccia
a
quei tre metri di terreno,
urlare
in faccia al mondo intero
fino
a perdere il fiato, e non sapere
cosa
c’è da salvare, a che cosa
veramente
si tiene.
Da
Poesie 1986 – 2014, Oscar Mondadori 2014
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