venerdì 4 gennaio 2019

Thomas Stearns Eliot


IL VIAGGIO DEI RE MAGI

«Abbiamo avuto freddo per strada,
Proprio il peggior tempo dell’anno
Per mettersi in viaggio, e un così lungo viaggio:
Le strade affondate, l’aria cruda,
Giusto il cuore dell’inverno».
E i cammelli piegati sino ai piedi, riottosi,
Accosciati sulla neve in disgelo.
Arrivammo qualche volta a rimpiangere
Le ville estive sui pendii, le logge,
Le fanciulle morbide che offrivano rinfreschi.
E i cammellieri poi che maledicevano e imprecavano
E scappavano via e volevano donne e vino.
E i fuochi di bivacco che languivano, i rifugi che mancavano,
E le città nemiche e i paesi ostili,
I villaggi sudici che vendevano caro:
Giorni difficili abbiamo passato.
E alla fine abbiamo deciso di viaggiare
La notte, dormendo qua e là,
Con voci rintronanti negli orecchi a dirci
Che era tutta una follia.

Poi all’alba giungemmo a una valle mite,
Umida, ai margini delle nevi, odorosa di piante,
Con un canale e un mulino che batteva la tenebra,
E tre alberi contro il cielo basso.
E un vecchio cavallo bianco galoppò via nel prato.
poi giungemmo a una taverna con foglie di vite sull’architrave,
Sei mani entro una porta spalancata giocavano a dadi monete                                                                                               / d’argento,
Piedi calciavano negli otri di vino vuoti.
Ma non avevano informazioni da darci, e proseguimmo
E arrivammo di sera, trovando il luogo
Al momento giusto: c’era, direte, da esser soddisfatti.

Tutto questo, ricordo, fu gran tempo
Addietro, e lo farei di nuovo, ma tieni
Questo a mente,
Questo: fummo spinti per tutta quella strada
Da Nascita o Morte? Vi fu Nascita, è vero,
Ne avemmo la prova, senza dubbio. Avevo veduto nascita e 
                                                                                       / morte,
Ma le avevo pensate diverse; questa Nascita fu
Un’amara e dura pena per noi, come fosse Morte, la nostra
Morte. Tornammo ai nostri luoghi, a questi regni,
Ma a disagio qui nel vecchio ordine,
Con un popolo estraneo stretto ai propri idoli.
Sarei felice di un’altra morte.

Traduzione di Attilio Bertolucci

da Imitazioni, Libri Scheiwiller 1994

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