venerdì 4 settembre 2020

Kenneth Rexroth

 

GALLEGGIANDO         

 

Impigrisce la nostra canoa sulla pigra corrente

tra rampicanti e alberi e giunchi sull’acqua

stagnante di un torpido fiume del Midwest;                

girando lenta su se stessa s’impiglia nelle ninfee

abbondanti. Siamo stanchi di pagaiare.

L’intero pomeriggio a risalire la debole corrente,

per oscuri meandri, su, tra pascoli e boschi;

oltre guadi fangosi dove il forte odore di bestiame

scivolava denso sull’acqua; cantando canzoni

di movimenti perfetti e regolari: canzoni

da sci, canzoni da raduno notturno, d’argano

in moto, dell’argine e del rollio dei barcaioli.                             

Stanchi del movimento e dei suoi ritmi,

stanchi del dolce gioco nell’unione delle forze,

ci abbracciamo distesi lasciando che palpi

di ninfea, petali e foglie trattengano il moto

nel caldo che s’addensa, nell’aria sonnolenta.

Canta per me a bassa voce, Westron Wynde,

Ah Syghes, mon coeur se recommend à vous,

Phoebi Claro; canta le erratiche melodie erotiche

d’uomini e donne di settecento anni fa,

piano, con la bocca chiusa sulla mia guancia.

Lascia le nostre cosce impigliarsi nei cuscini,

lascia che i tuoi seni nella veste sottile

pendano sulle mie braccia nude, sulla gola;

che i capelli profumati ci scendano sugli occhi;

baciami con quelle sottili labbra melodiose.

Mentre ti spoglio hai pupille umide e nere, 

enormi, e la pelle fresca, d’avorio.

Muoviti cauta, muoviti appena, apri le cosce,                          

prendimi piano mentre le labbra annaspano

e ci succhiamo la gola dove ronza il sangue.       

Muoviti piano, no, non muoverti, tienimi in fondo

a te, ferma, nel profondo, mentre il tempo

scivola via come il fiume oltre il letto dei gigli

e questi momenti rubati scompaiono, fusi

nella nostra carne mortale e senza tempo.


Traduzione di Francesco Dalessandro

 

 

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