QUATTRO LEZIONI DI CAMILLO FONTE
Quarta
lezione: Una canzone provenzale e Pound
I
«La nostra poesia, l’abbiamo visto,
comincia…»
indugiò, si volse a guardare la classe,
chiedendole tacitamente di rispondere.
Proseguì: «Comincia con…»
«La “Scuola siciliana”», risposero tutti.
Sorrise contento. «Ma oggi, sebbene
non sia in programma, parliamo di una
Poesia
che viene prima della Scuola siciliana.
Parliamo dei “trovatori”, quei poeti
che scrivevano in lingua d’oc,
parliamo dei poeti provenzali». Di nuovo
fece una breve pausa guardando negli occhi
le ragazze davanti alla cattedra, sedute
nel primo banco. «La Provenza, lo sapete,
è una regione nel sud della Francia.
I trovatori vissero e scrissero nel
dodicesimo
e tredicesimo secolo, e furono modelli
per tutti i poeti che vennero dopo di
loro.
La poesia che scrivevano… anzi, che
cantavano, era in prevalenza poesia
d’amore
(fin’amor lo chiamavano), e aveva
un codice preciso di comportamenti –
sia del poeta sia della donna amata,
sposata o nubile che fosse, alla quale il
poeta
si rivolgeva coi versi chiedendone
l’amore.
Era spesso la moglie del signore
del castello dove il trovatore era
ospitato…».
Qui tacque per un attimo, come aspettasse
una reazione. Ma ci furono solo sorrisini
maliziosi, con scambi di sguardi
fra ragazze e ragazzi. «Eppure quei poeti
parlavano anche di guerra, o in generale
di politica» riprese ignorando
quei minimi segnali. «Scrivevano a volte
compianti, “complants”, per la
scomparsa
di qualcuno. E di questo voglio dirvi oggi
leggendovene uno dei più belli. Lo vedete
trascritto sulla lavagna.
Seguite la mia lettura e ascoltate
attentamene –
anche se non capirete –
perché quel che conta è il suono delle
parole».
Si tuit li dol
e’lh plor e’lh marrimen
e las dolors e’lh dan e’lh
chaitivier
qu’om anc auzis en est segle dolen…
Cominciò
a leggere seguitando fino alla fine.
Lesse
poi una traduzione improvvisata:
Se tutto il duolo e pianto e
smarrimento
e i dolori e il danno e lo
sconforto
ch’uomo provò nel secolo
dolente…
«Questo “compianto”, una delle più belle
canzoni scritte in lingua occitanica,
è dedicato alla morte prematura di Enrico
III Plantageneto, re d’Inghilterra.
Avete sentito l’ordito perfetto dei suoni?
Ognuno è finalizzato a suscitare in chi
legge
o ascolta la stessa afflizione di chi
scrive.
Avrete notato che il primo verso di ogni
strofe
finisce con la parola marrimen
(che bastano tre lettere per trasformare
in
smarrimento: afflizione, pena, sconforto)
e l’ultimo finisce con la parola ira,
che allo smarrimento, immaginiamo,
aggiunge rabbia per quella morte
prematura.
Ma insieme allo sbigottimento di chi
scrive,
quei suoni non sembrano rintocchi
di campane a morto? Impossibile sottrarsi
alla loro cadenza, al loro suono, al
fascino.
Ne fu autore Bertran de Born,
“guerrafondaio e poeta” secondo la
definizione
di un critico; seminatore di discordia
secondo Dante, che lo mise all’Inferno».
Qui tacque. Aspettava una reazione
da quei ragazzi. Ma prima che qualcuno
potesse parlare suonò la campanella:
la lezione era finita. Nessuno
osava alzarsi. Aspettavano che fosse
lui a dire di uscire. Benché deluso,
«Andate, andate! Su…» disse. «A domani».
Allora si alzarono tutti e uscirono in
silenzio,
uno dietro l’altro, salutando.
“Arrivederci” dicevano uscendo.
E dopo qualche minuto, raccolte le sue
carte,
lui stesso li seguì.
Scese in strada dove tutti – i suoi e gli
altri –
indugiavano a gruppi, a chiacchierare
allegri ad alta voce.
Un sole timido
usciva,
fuggiva a momenti dalle nuvole, come
compiaciuto che l’accogliessero con gioia.
Solo lui non lo guardò.
S’avviò sorridendo verso casa senza più
voltarsi, ripensando alla lezione
e a come l’avrebbe conclusa, parlando
di un poeta del nostro tempo,
amato e tanto odiato, anche lui
“seminatore
di discordia”, lo zio Ez… Così lo
chiamavano.
II
A distanza di secoli, quei versi – avrebbe
detto –
toccheranno l’orecchio infallibile di
Pound,
che se ne ricorda all’inizio del canto
LXXXIV,
l’ultimo dei Pisani, dove esprime sconforto
e cordoglio per la morte di un amico
poeta,
J. P. Angold… Qui, pensò, si sarebbe
interrotto per
un attimo. Pound probabilmente
li cita a memoria, ne accentua (e ne
migliora
forse) il suono battente usando allo scopo
anche il nome dell’amico e la parola in
greco:
Si tuit li dolh el plor
Angold τέθνηκε
tuit lo pro, tuit lo bes
Angold τέθνηκε
Ma il fascino che Bertran esercitò sul
poeta
americano non finisce con questa
citazione.
Pound fu molto sensibile alla personalità
del provenzale; solo basta a testimoniarlo
uno dei testi suoi più belli, la celebre Sestina:
Altaforte, nella quale egli lo fa parlare.
E non a caso utilizzò una delle più
fortunate
e difficili invenzioni della poesia
occitanica,
la “sestina”, della quale siamo debitori
al-
l’altro grande poeta del tempo, Arnaut
Daniel…
Scosse la testa, sorrise fra sé, guardò in
alto,
dove il sole era scomparso dietro un
nembo.
Si disse che la retorica non gli era
necessaria…
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