lunedì 21 ottobre 2024

Francesco Paolo Memmo

 VERSI PER M.

                                                                Voi che per li occhi mi passaste ‘l core

                                                      e destaste la mente che dormia.

                                                                                                  (Guido Cavalcanti)

*

Che adesso, a pensarci, non era

più possibile vivere in attesa di vivere.

 

Che la notte non sogno più le folli

scalate al settimo piano, la sconfitta

immancabile scandita dall’urlo delle sirene.

 

Che la poesia è un gioco sottile dell’intelligenza,

non dolore rappreso in sparsi suoni

o testamento a futura memoria.

 

Che l’orizzonte, ho scoperto, è lontano

soltanto se lo guardi nel rovescio del cannocchiale.

 

Che le porte non hanno serrature.

 

Che ogni serratura ha la sua chiave.


1.

Al sogno che voleva rapirmi, nessuno

potrà resistere, io meno degli altri,

all’invenzione dei giorni impalpabili.

 

Niente nessuno in nessun luogo mai

potrà accorciare la debita distanza

fra ciò che marcisce e la linea ricurva

che segna l’orizzonte, l’immarcescibile

rosa, il giallo tulipano, o il mughetto.


2.

Perché la storia, intanto che parli,

non sia acqua di pozzo, unghie

laccate o cipria, vagito di neonato,

intanto che tu parli e racconti.

 

Purché tu parli, purché la storia

che ti preme narrare sia la stessa

che io voglio ascoltare in silenzio.

 

Del bosco che sotto gli abeti

ha partorito grano, per miracolo.

Della donna cha incantata vi canta.


3.

Dove lavora il tarlo, le foglie

si colorano di verde, lo spessore

dei giorni sviluppa il filo del presente:

ingigantisce l’amore, inorgoglisce.


4.

Mentre tu fai amicizia con la gioia,

stipuli patti con la felicità,

sei certa che proprio questo era il sogno.


5.

In ogni modo il mare non potrebbe

con aria sicura rispondere alle mie

richieste, neppure il sole impegnato

a giocare la sua partita a scacchi

con le nuvole.

Provaci tu, se puoi,

sostituisciti al mare, al sole di giugno,

non gridare sconnessi rimproveri a chi

era venuto per spiegarti dove…

 

Nel momento che la quiete sopraggiunge

a cavallo di un refolo, si placa

in esercizi d’equilibrio il delirio.

Come Burljuk che disegnava grattacieli

e donne con tre seni, e Kamenskij

che con pezzi di carta di vario colore

paziente preparava uccelli del paradiso.


6.

E io per meritarti, io

non faccio niente di così difficile:

mi alleno a meritarti, a dosi

giornaliere.


7.

La mia voce appassisce come un fiore

per troppo tempo lasciato senz’acqua

se si recide il cordone ombelicale

che mi lega al prodigio, al tuo miracolo.


8.

Non occorre tu ripari gli occhiali:

puoi vivere anche così,

anche a scatola chiusa,

puoi fidarti alla cieca:

ho buoni occhi, io, per tutti e due.


9.

Al calor bianco dei fatti, muta

la prospettiva della storia, la dimensione

da cui guardare agli eventi, con che

dovizia di prove, il visto per un lungo

viaggio. Le parti convengono la prassi

da adottare, il calendario dei lavori

a ritmo serrato, l’anello si salda su norme

prevedenti un’estrema vigilanza.

 

È qui, da qui, che ha inizio

la lotta per la non retrocessione.


da Linea di basso ostinato, Il Labirinto, 2024

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