A DISTANZA DI TEMPO
Non falsi amici né stelle di carta
compaiono nelle mie veglie.
I rari coi quali spartisco
un’esistenza residua
hanno lo sguardo turbato
di chi si dà respiro nella fuga
e sente avvicinarsi la cattura
sebbene all’orecchio
giunga soltanto un brusio
di sillabe divise.
La mischia dalla quale immaginavo sottrarmi
è il dolore degli altri. Un male
che accieca e non rigenera
se non un male più acuto
o la cattività che uguaglia impietosa
la perdita e l’acquisto.
La parte di ognuno è il caso
che l’assegna. Un autista ubriaco
confuse il re con la regina,
non sapendo che il fante tuttofare
fu il solo ad essermi compagno.
Anche se l’uno, il portatore di picca,
allunga la sua ombra
via via che il gioco passa di mano
e il cerchio stringendosi destina
l’ultima carta, l’onnipresente.
Da Suite inglese, Quaderni di Barbablù, 1982
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