venerdì 29 marzo 2019

Pere Gimferrer


UNA NOTTE DI GENNAIO

“Non aspettatemi - scrisse a qualcuno di famiglia - perché la notte sarà nera e bianca”. Notte nera: l’anno 1855, nel cuore dell’inverno – ultimi giorni di gennaio –, la debole luce dei lampioni si esauriva nella tenebra gelida dei muri della vecchia Parigi. Notte bianca: diciotto gradi sottozero, tutta la vita coperta dal silenzio della neve. Notte nera e bianca: dopotutto, non aveva sempre vissuto quel tipo di notti? Prima, gli occhi vedono un’oscurità; poi - viviamo già nel sogno -, si aprono le porte di un altro regno. Gli antichi dicevano che spesso queste porte sono bianche come l’avorio.
Sappiamo che alcuni amici lo videro a teatro. Non portava soprabito. Vagava senza meta per i luoghi in cui, tempo addietro, la sua vita era stata uno splendore: i palchi dei teatri, le case delle attrici. Un poeta - perché, prima di tutto, era un poeta -, a volte, si lascia affascinare dall’immaginario. Nella donna aveva cercato l’attrice, o meglio, la donna nell’attrice, in quell’amore che tempo addietro l’aveva straziato? Più che la donna, aveva amato la visione. Ce lo dice lui stesso in un sonetto: la Morte, o la Morta.
Nella fotografia che di lui ci è pervenuta, gli occhi di Gérard de Nerval sono intensi - come una fiamma placata -, affondati in occhiaie profonde. I capelli, neri, sono radi; le mani riposano, come in attesa; il vestito, scuro, non riusciamo a scorgerlo, ma lo immaginiamo liso, sbiadito, sciupato. Gli occhi non fissano solo il vuoto dello spazio fotografico. Probabilmente intravedono un altrove.
Cercava con gli occhi uno spazio più vasto e remoto. Sotto la sferza della neve di una Parigi glaciale, andò a mangiare in una taverna degli Halles. Siamo nelle viscere della città, in un fermento di formaggi, pesce e verdure: la zucca rotonda e sacra, la melanzana dal verde imperiale, le scaglie, i cesti, il baccano, le ruote di legno dei carri che rigano le pietre gelate. Ogni tanto qualcuno apre la porta della taverna. Vediamo un cielo liscio e la neve che gela sui tetti. La notte sarà nera e bianca, in fondo al freddo.
Una notte lunghissima, ma è l’alba ormai. Con le prime luci, torbide e grigiastre, la mattina impura di gennaio raggiunge l’ignobile via della Vieille Lanterne. Ferma - no, qualcosa la fa oscillare, ma non il vento -, c’è un’ombra estranea in quel vecchio luogo desolato. È Gérard de Nerval, che s’è impiccato mentre finiva quella notte nera e bianca.

Traduzione di Francesco Dalessandro

da Segundo dietario, Seix Barral, 1985

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