mercoledì 26 maggio 2021

Domenico Adriano

AL CAFFÈ GRECO, APPENA


 Al Caffè Greco, appena

dopo la seconda guerra

mondiale, si discuteva tra poeti

narratori e pittori su che fare

per rendersi utili. Corrucciato

a un tratto portandoti

dietro la tua furia

eri andato addirittura a Milano

in tasca lo schiaffo per un critico

t’avviasti verso l’uscita.

«Libero dove vai?» ti rincorse

la voce di un amico. «Vado a casa,

devo scrivere una poesia!»

fu il grido il tuo modo

di contribuire a rifare l’Italia.


Ti rivedo, ti ascolto,

mi chiedi se possiamo

continuare a chiacchierare

senza il lume, fa sera

il tuo bel volto gli occhi

vivi del fuoco della sigaretta

ne accendi una dopo

l’altra di brace in brace.

Infine mi racconti

di un rimorso. Decenni

sono trascorsi: comprendo

solo ora la tua pena per una poesia

mancata come un vino alla tavola,

che ti volevi confessare

perché il ragazzo poeta

potesse un giorno parlarne

ai giovani ai letterati. Il buon Govoni

dal suo lavoro quanti hanno bevuto 

aveva in tasca sempre una poesia,

la donava come un fiore di campo

a un giornale a un sodale.

Tu lo scorgesti un giorno di lontano

che attraversava la strada

e per non incontrarlo, di botto

ferendoti ahimè il viso

volgesti deciso altrove la nuca 

porterò con me nella tomba questo dolore.


(inedita)


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