venerdì 23 luglio 2021

Guancarlo Pontiggia

IL MONDO NUOVO. FRAMMENTI

 

          Mi stai parlando di cose impalpabili, come i sogni.

                      Io so soltanto quello che vedo, e che tu ora hai;

                      ciò di cui parli, lo conoscono gli uomini di quel tempo.

 

 

1

Qui, né Lete né Eunoè. Ci scorre, sì, un fiume,

ma nient’altro che acque: torbide, grevi, ferrigne.

Anche la terra è terra, e basta: umida, tediosa, fetida,

per troppa piova che ci batte. Ma uomini,

di quelli ce n’è tanti, e bestemmiano,

sudano, s’accapigliano. Stridono, anche, su e giù

per ogni landa. E gemono, fino al cielo; ma il cielo

non è altro che cielo: vuoto, impervio, rado.

Né voli, né nubi: solo aria, umida e fina, che ti s’impasta

sulla pelle, ovunque.

 

2

Guarda: fabbriche e fabbriche; palazzi

imponenti, altissimi, che fan la concorrenza al cielo;

e orizzonti di fumo; e fiamme, sovrane, che bruciano

nella notte alta, che qui dura più del giorno, ormai.

E non si dorme, vedi, ma tutti abitano la notte nerissima

come talpe laboriose, e brulicano

per le vie, gridano

i loro nomi ferrei, duri, che s’incidono

sulla lastra del cielo di notte.

 

3

Chi se li ricorda, i tempi

di un tempo che fu, remoto, inaccessibile,

che compare, talvolta, in sogno, per chi sogna,

ancora.

Ma nessuno più sogna, credimi,

e questo è per voi, che venite di lontano,

l’ostacolo più grande: resistere

al sonno che vi invade, e annienta

la mente che ragiona. Dai sonni, lunghi e ramosi,

discendono i popoli dei sogni, che vi si appiccicano addosso,

come ragne liquorose nella cella

della mente.

Ma nessuno più sogna, qui, dal tempo dei tempi

che furono, e chi ci arriva, come voi, di lontano,

si abitua a non farne,

e così diviene simile a noi, anima

anch’egli.

 

4

E come spaziano gli occhi, lo vedi, oltre il fiume

che scorre tutt’intorno, acque su acque che non scemano

mai, che s’incanalano negli occhi della mente, e divengono

nostro fiume, fiume

del tempo di oggi, che scorre

attimo per attimo, e non si arresta

mai.

 

5

Non c’è straniero che non lo colga, di sera, quando scendono

le ombre della sera – le prime, sempre uguali, così vermiglie – un senso

di abbandono che lo strugge

per giorni e per mesi, per anni talvolta, prima

che non venga una sera, un’altra, non nuova, qualunque,

e lui veda, e comprenda

la laboriosa necessità

di queste notti.

 

6

E qui non si muore, né prima né dopo, e non si taglia

alcun traguardo. Qui le lingue si semplificano, le parole

si riducono a un cesto

di nomi indivisibili.

Qui deporrete, più tardi,

il vostro immane vocabolario:

inetto, frondoso. Qui si è soli di fronte alla materia

che brucia in anima, e si raddensa

in nomi rari e indefettibili. Qui non è tempo di pensare

cos’è il mondo, la vita. Né mondo, né vita

ma solo un bruno scorrere di cose

che ci riempiono gli occhi,

e la mente.


da Forse un altrove. Ipotesi di viaggio attraverso la poesia, Il labirinto, 2021


 


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