UNA CAPANNA NELLA RADURA
Nebbia
Non credo che chi dorme in quella casa
sappia dove si trova.
Fumo
Sono stati
qui abbastanza da respingere il bosco
ai margini della radura e tracciarvi un sentiero.
Nebbia
Ma dubito che sappiano dove vivono.
E, comincio a temere, non lo sapranno mai.
Il sentiero è un conforto: possono visitare
altra gente smarrita alla quale sentirsi vicini,
non nello spazio ma nelle difficoltà.
Fumo
Io sono lo spettro vigile del fumo
che uscendo dal camino si piega in un verso
o nell’altro alla luce delle stelle.
Non voglio che si disperi della loro felicità.
Nebbia
Nessuno – non io, certo – li darebbe per persi
solo perché non sanno dove sono.
Io sono la copia più umida del fumo;
la notte esalo dal terreno del giardino,
ma non salgo più in alto delle piante.
Ovatto il loro paesaggio. Ecco chi sono.
Né più estranea di te sono al loro destino.
Fumo
Avranno ormai imparato la lingua del luogo.
Perché non chiedono ai nativi dove sono?
Nebbia
Lo fanno spesso, ma nessuno
ne sa più di loro. Lo chiedono perfino
ai filosofi che li osservano dal pulpito.
Domandano a chiunque si possa domandare –
con la profonda fede che l’esperienza fatta
prenderà fuoco a illuminare il mondo.
Apprendere fu parte della loro religione.
Fumo
Il giorno in cui sapranno
chi sono
capiranno anche meglio dove sono.
Ma chi sono è difficile da credere –
per loro e per il mondo che li guarda.
Sono troppo imprevisti per essere credibili.
Nebbia
Ascolta! Ora bisbigliano nel buio, parlando di domani.
Hanno spento la luce, non i loro pensieri.
Fingiamo che quelle gocce di rugiada
stillanti dalla gronda siamo noi che origliamo
la loro insonnia inquieta – nebbia e fumo
origlianti una bruma –. Chissà se riusciremo
a distinguere il basso dal soprano.
Meglio
di fumo e nebbia chi potrebbe apprezzare
lo
spirito affine di una bruma interiore?
Traduzione di Francesco Dalessandro
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