mercoledì 14 agosto 2024

Gabriella Pace

 ARIANNA



Cullata nel lamento dei venti

un groviglio di filo tra le mani

tremanti. Non è così diverso

dal peso di un monile

d’oro e di grano intessuto

presagio di eterno

lanciato nella cupola del cielo

diadema forgiato da un dio

ora solo frammento di destino.

La tua colpa con te, chiuso segreto

del fratello muto, nel labirinto.

 

II

Chi sei tu adesso?

Figlia di una regina, una bambina

tremi alla vista della tua stessa ombra

forse solo una donna in attesa di un dio?

In un vigneto in costa a un colle lungo il mare,

nell’ora lenta che la terra dà il suo odore?

Un odore rasposo e tenace, tra di fico e di pino?

Il melograno, l’uva matura, l’aria che pesa di mosto

tra frutto e fiore.

Dormi, sulla spiaggia di Nasso

sei materia sognata

pura ragione, cerchi un abbandono.


III

Traditi, i voti sussurrati se ne vanno per mare

tutto cade dal cuore smemorato.

Così hai seguito il vento, i ricci scuri, le dolci parole

tu persa nel soffio che avvolge e solleva.

Ti ha vista, indubbiamente

la testa reclinata, le braccia nude riparavano il volto

dalle lame di roccia, invocavi lo sguardo

che accoglie e riconosce, la schiuma e il mare

ripetevano: - Sola! -  Ripetevano: - Tutto -

E tutto è ancora poco, è il ritmo incessante del

respiro, onda che sommerge, spinta che disorienta.

 

IV

Lui è in arrivo e giunge ridendo

tra bestie feroci e baccanti.

Scuotono i pampini in cima ai tirsi

un fragore simile al tuono lo accompagna

scioglie le ginocchia e smemora il pianto.



edita con un'acquaforte per i tipi de "Il ragazzo innocuo" di Luciano Ragozzino

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