IL DIO ABBANDONA ANTONIO
Come s’udrà, d’un tratto, a mezza notte,
invisibile tìaso passare
tra musiche mirabili, canoro,
la tua fortuna che trabocca ormai,
le opere fallite, i tuoi disegni
delusi tutti, non piangere in vano.
Come pronto da tempo, come un prode,
salutala, Alessandria che dilegua.
Non t’illudere più, non dire: «è stato
un sogno», oppure «s’ingannò l’udito»:
non piegare a così vuote speranze.
Come pronto da tempo, come un prode,
come s’addice a te, cui fu donato
d’una città sì grande il privilegio,
va’ risoluto accanto alla finestra:
con emozione ascolta e senza preci,
senza le querimonie degl’imbelli,
quasi a fruire di suprema gioia, i suoni,
gli strumenti mirabili di quell’arcano tìaso,
e saluta Alessandria, che tu perdi.
Traduzione di Filippo Maria Pontani
da Poeti greci del Novecento, Meridiani Mondadori, 2010
La traduzione mi sembra bella, ma ho qualche problema con la scelta del termine "tìaso". Il Lessico Universale Treccani lo definisce come "associazione religiosa". Ricordo una bellissima traduzione della stessa poesia verso il francese che usava "cortège" al suo posto, termine assai più facile da capire, che rende la poesia più fruibile. Pur non essendo un esperto in queste cose, azzarderei aggiungere che forse "corteo" (o "cortège") è più in linea con il carattere demotico del greco di Kavafis.
RispondiEliminaThiasos è la compagnia teatrale
EliminaEcco la versone francese che avevo in mente:
RispondiEliminaQuand vers minuit, soudain,
tu entendras
passer un cortège invisible
avec de merveilleuses musiques
et des éclats de voix,
ne te lamente pas en vain sur
la Fortune qui chancelle,
sur tes œuvres qui ont échoué,
sur les entreprises de ta vie
qui, toutes, se sont avérées
illusoires.
En homme prêt de longue date,
en homme de cœur,
salue-la, cette Alexandrie
qui s’éloigne.
Surtout, ne te leurre pas, ne dis pas
que ce n’était qu’un rêve, que ton
oreille t’a trompé ;
dédaigne ces futiles espoirs.
En homme prêt de longue date,
en homme de cœur,
comme tu te dois de l’être,
toi qui méritas pareille ville,
approche-toi d’un pas ferme
de la fenêtre
et écoute avec émotion,
mais non pas
avec les plaintes et les
supplications des lâches,
comme une ultime jouissance,
la rumeur,
les ravissants accords du mystique
cortège
et salue-la, cette Alexandrie que tu
perds.
Caro "anonimo", tu conosci il francese meglio di me, quindi sai meglio interpretare il termine "cortège" (corteo: giusto?). Ma credo che tìaso sia qualcosa di più; forse di meno di "associazione religiosa", ma di diverso da un semplice corteo, come fa pensare la trad. francese.
RispondiEliminaIl termine originale è stato variamente tradotto in inglese e francese come l'equivalente in quelle lingue di "truppa", "compagnia", "processione" o, appunto, "corteo". "Tìaso" è definito nel Lessico Universale Italiano come "Nell'antica Grecia, un'associazione solitamente (ma non sempre) di carattere religioso; in origine, il t. era probabilmente un'associazione dionisiaca, con speciale riguardo al canto e alla danza orgiastica, propri del culto..."
RispondiEliminaLa traduzione francese di Pierre Leyris e Gilles Ortlieb che ho riportato è, sia dal punto di vista prosodico che per la sua scorrevolezza e limpidità descrittiva, di gran lunga la più bella a mio gusto. (Il modo in cui sono separati i versi nella versione riportata non è giusto, ma poco importa.)
Sempre di Kavafis sullo stesso tema vi è la bellissima poesia "La fine di Antonio", che in inglese, se mi ricordo bene, va così:
RispondiElimina“But when he heard the women weeping
and the lady of the house mourning him
with oriental gestures for his sad plight,
and her slaves with their barbarized Greek –
the pride in his soul rose, his Italian blood
was disgusted; and all that he had
till then so blindly adored –
all of his frenzied life in Alexandria –
appeared alien and indifferent to him.
And he said "not to weep for him,
for that is not fitting. Rather they ought
to extol him who had remained a renowned ruler and acquired so many possessions
and so much else. And if now he falls,
he does not fall humbly, but as
a Roman conquered by a Roman."
Ma perchè i poeti devono tradurre i poeti? Grave errore. Vogliono sempre metterci del loro e fanno brutto ciò che è bello. Così Omero fa pena, dopo la cura dei suo traduttori. Lui scriveva per re pecorai, i traduttori per l'accademia. Tiaso non si può proprio vedere! A meno che Kavafis usi un termine aulico e desueto dello stesso livello (ne dubito molto). Infatti nella traduzione in inglese, che mi risulta Kavafis abbia supervisionato se non curato lui direttamente, c'è "procession". Quindi grazie per averci insegnato un termine nuovo, ma traduzione pessima davvero.
RispondiEliminaluciof
Il termine che il Kavafis adotta è proprio θιασος, che è aulico. L'utilizzo di lessico alto non è anomalo in Kavafis: avendo egli re-imparato la lingua greca a nove anni dopo essere vissuto in Inghilterra, k. mescola il dimotikì(la lingua del popolo) a termini alti come questo: il risultato non si coglie al massimo, tuttavia, nelle traduzioni in altre lingue..
EliminaHo spostato l'ultimo commento dalla pagina sul quale era stato lasciato (di Edoardo Cacciatore), per errore, credo, a questa, alla quale mi pare si riferisca. Già i commenti precedenti vertevano sulla giustezza o no del termine "tiaso" impiegato dal traduttore. Posso essere d'accordo: forse non è la traduzione migliore, questa riportata. Invito a leggere quella di Nelo Risi.
RispondiEliminaQuanto al perché i poeti traducono i poeti... beh, caro luciof, se te lo chiedi vuol dire che hai capito poco della poesia e della traduzione. Sarebbe troppo lungo spiegartelo e non è questo il luogo adatto.
La parola che usa Kavafis è thiasos, la stessa che compare nel racconto di Plutarco da cui la poesia muove: è il corteo dionisiaco, e Dioniso è appunto il dio che abbandona Antonio. Corteo, è vero, è più immediato, ma proprio per questo forse non fa sentire che c'è qualcosa in più da sapere...
RispondiEliminami permetto di chiedere, da bilingue greco-italiana, il motivo della traduzione di "endidei" (v. 4) con 'trabocca': endidw è un verso tipicamente kavafisiano che denota un abbandono lento e graduale (descritto dalla preposizione 'en'). E', chiaramente, solo un'opinione personale, ma avrei tradotto "la tua fortuna che si allontana lentamente".
RispondiEliminaik