venerdì 6 maggio 2011

Francesco Dalessandro

UNA FOTO
                                         a Dora

Le boe rosa sull’acqua azzurro-
verde il riflesso tremulo di lunghi
alberi e pali le chiglie di barche
attraccate i pavesi e noi in posa
sul molo in attesa dello scatto,
alle spalle del porto il moderno
Arsenale, fuori quadro gabbiani
in crocchio sulla punta estrema
della baia vocianti ma sazi
di cibo come noi del nostro vizio
lieve: è il trentuno dicembre
del mille novecento ottantasette
è una tiepida sera già primaverile
su Calle Mayor e sull’intera
città apparecchiata al passaggio
dell’anno…
                      Se oggi volgendomi
guardo indietro a quell’attimo
colto e impresso da un occhio
gentile ma estraneo, un remoto
presente di serene aria e luce
non nostre di cui profittammo
presto perso e rimpianto si dona
a noi dalla foto che negli anni
è stata ricordo e ammonimento
severo; ma se guardo al futuro
impensabile inatteso che da quei
lontanissimi giorni in cui la mente
innamorata di segni a dilezioni
atroci legò il cuore poi che verdi
speranze gli si offrivano (gelo
e delusioni alternandovi) sarebbe
nato oggi ricordando il lontano
transito dall’anno ottantasette
all’ottantotto nell’ora di un altro
e più intimo passaggio dell’età
riconosco nell’attimo il nostro
sentimento (di ciò che avevamo
e perdemmo di ciò che perduto
ritrovammo) e a tale conoscenza
si fa riflessivo anche il cuore
sopportabile il peso dei ricordi
e segreta come al polso il battito
l’ansia dolce di vivere invecchiare
insieme.

(8.V.2001)



da Ore dorate, Il Labirinto, 2008

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