A LE GATTE DE LO SPEDALE DI SANT'ANNA
1.
Come ne l’ocean, s’oscura e ’nfesta
Procella il rende torbido e sonante,
A le stelle onde il polo è fiammeggiante
Stanco nocchier di notte alza la testa,
Così io mi volgo, 0 bella gatta, in questa
Fortuna avversa a le tue luci sante,
E mi sembra due stelle aver davante
Che tramontana sian ne la tempesta.
Veggio un’altra gattina, e veder parmi
L’Orsa maggior con la minore: o gatte,
Lucerne del mio studio, o gatte amate,
Se Dio vi guardi da le bastonate,
Se ’l ciel voi pasca di carne e di latte,
Fatemi luce a scriver questi carmi.
2.
Tanto le gatte son moltiplicate,
Ch’a doppio son più che l’Orse nel cielo:
Gatte ci son c’han tutto bianco il pelo,
Gatte nere ci son, gatte pezzate;
Gatte con coda, gatte discodate:
Una gatta con gobba di cammelo
Vorrei vedere e vestita di velo
Come bertuccia; or che non la trovate?
Guardinsi i monti pur di partorire,
Che s’un topo nascesse, il poverello
Da tante gatte non potria fuggire.
Massara, io t’ammonisco, abbi ’l cervello
E l’occhi0 al lavezzuol ch’è sul bollire:
Corri, ve’, ch’una se ’n porta il vitello.
Vo’ farci il ritornello,
Perché il sonetto a pieno non si loda
Se non somiglia a i gatti da la coda.
da Aminta e rime, a cura di Francesco Flora, Einaudi, 1976
Splendida, una poesia che a scuola non farebbero studiare mai.
RispondiEliminaEra sull’ antologia che usavamo alle medie negli anni 60 e ancora la ricordo
EliminaSplendida l'invocazione alla musa-gatta. Quasi eroicomica.
RispondiEliminaSto finendo i compiti di italiano prima di andare in doccia. Molto bella come poesia 🐱
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