SPUNTA IL GIORNO IN TRINCEA
L’oscurità si sgretola.
Il Tempo è lo stesso vecchio druido di sempre,
una sola cosa viva scavalca la mia mano,
uno strano sardonico topo,
mentre colgo un papavero dal parapetto
per metterlo all’orecchio.
Buffo topo, ti sparerebbero se sapessero
le tue simpatie cosmopolite.
Dopo avere sfiorato questa mano inglese
farai lo stesso con una tedesca,
e certamente presto, se ti piace
attraversare il verde che fra loro riposa.
Sembri ridere nell’intimo mentre superi
occhi attenti, belle membra, atleti superbi,
meno fortunati di te nella vita,
legati ai capricci dell’assassinio,
allungati nel ventre della terra,
i campi squarciati di Francia.
Cosa vedi nei nostri occhi
al ferro e al fuoco scagliati
urlanti attraverso cieli attoniti?
Quale tremito – quale cuore atterrito?
Mentre cadono, continuano a cadere,
i papaveri con radici nelle vene dell’uomo,
il mio dietro l’orecchio è al sicuro –
appena un po’ sbiancato dalla polvere.
Giugno, 1916
Traduzione di Francesco Dalessandro
da The Collected Works of Isaac Rosenberg, Chatto and Windus, London,
1984
Il poeta inglese Isaac Rosenberg (1890-1918), uno dei cosiddetti “war poets”, è quasi sconosciuto in Italia e perciò pochissimo tradotto. Questa poesia fu scritta in trincea e, come molte altre, inviata per posta ad amici e parenti. La traduzione di essa e di altre poesie è uscita sulla rivista Pagine, Anno XXI, numero 63, gennaio-aprile 2011.
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