TASSO ALL’ASILO DI
SANT’ANNA
UN
RITRATTO
Presso il letto, seduto –
la sua smania, fiamma
che sordamente lo consuma, o
la calma
stupefatta: i capelli
viperei, alle tempie
la rasoiata del tempo; aridi
o ardenti
gli occhi, ormai sempre
offuscati, senza
più il fuoco dell’immagine,
le lenti
inutili, o quasi; ma insieme
ai fulvi
funerei baffi completano
un’aria curialesca
inquisitoria – che è
suprema ironia
per un ritirato dal mondo
che interroga
soltanto il suo riflesso,
con fatica
come in un appannato corroso
specchio,
mentre porta lento alle
labbra una mielata
tazza, la tiepida pozione,
cura
per l’improvviso
raffreddore – con le sue amate
gatte all’intorno: così
si figura...
Sui cinquant’anni, se Dio
li abbandona
o lo abbandonano loro,
ammattiscono
tanti poeti – per dire che
escono
fuori di sé,
definitivamente. – Il dèmone
familiare imperversa, prende
il sopravvento, oppure si
nasconde, scompare,
e se chiamato tace, beffardo
irride
con la sua assenza, non
risponde più.
Anche dietro una maschera
austera, di savia
compostezza si cela questo
vuoto
orrore – semplicemente non
c’è
più nessuno: il padrone di
casa è fuori,
partito – chissà quando,
se mai tornerà.
E quello che si vede a piè
del letto, intento
a vigilare l’immagine
riflessa, è solo
il cane da guardia della sua
infermità.
Da
Il
versipelle,
Edizioni della Cometa, 1992
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