LETTERA DA CASPERIA
Avevi in corpo la vita
e non avevi abbastanza forza da conservarla.
Non ci sarebbero stati
neppure i passi stenti
né il fiato liberato da una maschera.
Hanno cambiato la disposizione della nostra stanza.
Non resta nulla di quel lato in ombra
da cui si torna alla luce del sole.
Troppo concedevi di te durante il giorno
per non ritrarti al buio in una tua dimora
inaccessibile. Eravamo concordi
a separarci la notte alle porte
perché non entrassero stranieri a disfarci.
Resta comunque indelebile l’impronta del tuo corpo in queste
/mura,
il calco dove imprimere la forma della tua mancanza.
Da Alla fine del solco, Empiria, 2007
una bella poesia, grazie
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