MASSIMIANO, ELEGIA V
Cielo perfettamente chiaro.
Immobile al chiaro di luna,
la foresta di sequoie scende
tremila piedi verso il mare,
a un fermo e spesso banco
di candida nebbia che si spinge
verso ponente, fino all’orizzonte.
Non un suono sale dal mare,
e la foresta stessa è senza suoni.
Qui, dalle finestre aperte,
guardando insieme la notte,
non capisco cosa sussurri,
cantando dolcemente
sotto-
voce a te stessa, in francese.
Oh signora, sei sapiente,
nelle
mani che mi toccano,
nelle labbra che
cantano,
oscuramente, in
segreto,
canzoni personali.
Il tuo viso
sembra pallido e
gelido
sotto la luna, i tuoi occhi
brillano, fissi e immensi.
Nell’illusione della luna sembri
spaventata.
Alle tue spalle
il
bagliore del fuoco disegna
spaventose
forme rosse
e
nere, vacillanti sulle pareti.
Un
aereo vola basso, attraversa
il
paesaggio e lo riempie di frastuono
come un’allucinazione.
Vivo
o morto, il cuore teso
spreme sangue e
memoria,
e
intanto le ore scivolano
nel
chiaro di luna. La nebbia
risale la
montagna, e lascia
solo una
stella nel bosco
nebbioso, come
un occhio
in
una tomba. Senza preavviso
la
tua voce si spezza, sul viso
ti
scorrono lacrime, ti gira
la
testa, ti appoggi a me.
Io
non parlo, ma ti abbraccio
stretta.
E tu dici: “Non piango
per i nostri problemi,
ma per il caos generale
del mondo”. Sento che ti getti
via, abbandonata ad un
paracadute di rovina.
Un
brivido violento
mi
prende, come se
ogni
donna uguale a te che sia mai
vissuta
fosse passata sulla mia tomba.
Traduzione di Francesco Dalessandro
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