DUE POESIE
*
Appicco il fuoco
sulla tavola del sogno
lancio
straccio imbevuto di spirito
e so di essere io
nel tempo
contro cosa
lanciassi le fiamme
spense memoria
gli schiaffi
del vento la notte
contro cui
gridai di tacere
ché non potevo
temere l’entrata
di tutta la
forza del vento
a rovesciare
la stanza – insieme tetto e casa
e contempo
tornare di corsa a sapere
dell’appicco del fuoco del lancio dello straccio di spirito
**
Se s'avvicina ciò che di me è stato
senza differenza tra chi ci fa nascere e chi ci abbandona
...
non è di poco conto una domanda
se non è di muoversi di stanza in stanza
ma occupar le stanze dire
se non voglio strade non voglio camminare
ma stare
in case a più piani a più riprese d'ossigeno e di rose
dire: ce l'ho da fare.
Ma che ci faccio con tutte queste cose
se è durante tutto il santo giorno che cerco
di fare quello che non so fare
e non è mai abbastanza.
Se s'avvicina ciò che di me è stata
interrotta
allora m'allontana la sconfitta
come non fossi stata io
convertita.
Ma voglio fare la parte del leone
in luogo di statica rappresentazione
...
il vento solleva i miei capelli da una parte sola
per farla la mia parte
una parte sola.
Ho fretta
voglio invecchiare
come la terra che sotto ha l'animale.
(1992)
Via Lattea, n. 11, gennaio-giugno 1993
Negli anni Novanta del secolo
scorso si pubblicava, a Catania, una piccola rivista letteraria, «Via Lattea»,
diretta da Benedetto Macaronio (direttore responsabile era Claudio Fassari). La
redazione era composta da Luigi Amendola, Alberto Cappi, Salvatore Cataldo,
Alessandra Giappi e Renato Pennisi.
Da «Via Lattea» ho riproposto alcuni
testi significativi. Questo di oggi, della brava e sfortunata Paola Febbraro, è l'ultimo.
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