VILLON
Non
reco a questo mondo nessun bene
né
bene alcuno mi verrà sottratto.
Saldo
con la calura le mie pene
d'inverno,
le baratto col nulla.
E
poi le stragi, la peste, il tradimento
di
autorità e di padri, gli impiccati
che
adusti il vento culla, il tristo patto
con
ladri di ogni risma. E la fame,
la
pica che mi sconcia
più
del rimorso. Perché sono
innocente:
nel mio occhio
diresti
un'attitudine celeste,
nei
miei peccati l'agguato prende corso
dell'assoluto.
O giovinezza
torbida
e disfatta, io sono qui
per
compiermi nel guado
che
esala da quest'ora e umilia i resti
del
mio sguardo nerissimo, dell'ala
marcita
nel segreto della terra.
(inedita)
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