PER UN GRAVE ERRORE STRATEGICO
Il tribuno dei militi, così
per dimostrare alle povere
anime della legione accerchiata
che pure lui non credeva
nello scampo, decise di nuocersi
nel modo doloroso che s’aspettavano
tutti.
Scartata la
morte socratica,
regalò il veleno alla sua etèra,
in cambio di una notte da solo.
Il paesaggio lunare ignoto
e ripugnante – urla
e tamburi geti là
nella selva di ghiaccio –
non parve adatto a un canto
d’addio, né ricco ogni grande
epilogo di tragedia
che ricordava.
Il tribuno dei militi
non amava alcuna (moglie
o altra nell’urbe) al di là
dei confini della pelle, come
– sbiadita memoria – gli era
una volta accaduto, né
sé medesimo, forse proprio
per questo.
Udì fra le tende fuori
i lamenti delle reclute
e i silenzi dei veterani:
si preparava la mano d’ogni schiavo
al colpo destro
alla gola, la carne delle puttane
al penultimo atto.
«Se il sapere ci diminuisse
come una sottrazione, che altro
dovrei conoscere se non le vele,
i voli d’una flottiglia omerica
in vista di Libia o Egitto,
io soldato di continente,
d’oscuri e gelidi fiumi?
Io a ridurmi con bizzarrie
africane, ad ammazzarmi
ci pensino loro,
i miei selvaggi avversari».
E così, fattasi aprire
la porta del campo da una guardia
ubriaca e tremante, pensando
ad aironi rosati su grandi
e cocenti acquitrini, a dune
amorose e cedevoli,
uscì,
nel buio più inferocito
dei timpani
incontro al nemico...
da Tutte le poesie, Europa Edizioni, 2019
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