IN RISPOSTA A UN SILENZIO DI BERRYMAN
A quale ponte, a quale
punto completo d’ogni
memoria di infuocati
tramonti e chiome, ancora
udita la provocazione
di chi temeva solo per sé,
insinuante invece sull’inviolabile,
eppure offeso
inutilissimo corpo
tuo – bava l’incanto: figure
tutte diafane di rimembranze
insieme nell’istante prima
dell’Icaro ribaltato –; dove
come e perché decidesti
l’atto ritenuto vile, ovvero
uguale nel giro immortale
delle bellezze inani, invariate
nella furia del disprezzo e dell’amore
totali; da quale parte, da quale
filo fu sconnesso il giudizio e agìto
l’atto, forse ammaliato dallo sconfitto,
atteso minuto del non più dire,
del non più fare, perché già commessi
e battuti – porche jonie isole
incantatrici, già viste o sognate
le mille volte, Venezia in fine
per la resa incondizionata –, non
ignorando la diversità delle specie,
il consiglio degli amici savi,
dei compari irrilevanti
e cocciuti; perché infinite
gardenie avvistate nell’infanzia
sul fiume di cui questa
è la foce ora giustificano,
se non glorificano l’ultima
assurdità, e inoltre i gridi
dei gabbiani attoniti, dei cani
fulvi abbandonati giovanissimi
dal padrone?
da Tulle le poesie, Europa Edizioni, 2019
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