lunedì 23 settembre 2024

Alessandro Ricci

LA CATTIVERIA

 

 

Il dove e il quando potevano

essere tutti e loro

cantavano ditirambi osceni,

al séguito di tamburine

vecchie, ben sapendo

che in cima alla collina, diradàti

il bosco e la sarabanda non

uomini pensanti in punta di voce ma

colpitori resi implacabili

dalla strage le avrebbero

inarcate sull’erba

e i pruni, una dopo

l’altra, a turni di due

o di tre, duri

e indifferenti, ebbri

d’una vittoria facile su miseri

disarmati, comunque prodighi

del gran bottino e presto ridotti

alla stanchezza sgonfia

nelle ventraie per la razza

appena concepita di capi, che

da madri amorose

avrebbero pasciuto coi seni ricolmi

fra latici, escrementi,

altri mestrui e 

nuovi                                                                                                        

doppi liquami con i trionfatori

futuri e così

via, finché alle proli

sarebbe toccata la stessa smania

e a loro i timpani

avviliti dell’avanguardia,

perché così gira la ruota

sanguinaria della vita ma

intanto ora fingevano

di non saperlo e cantavano berciavano

salendo, lisce e snelle

per poco, come proibite

al tempo, il più sguaiato

errore di natura, se c’è chi può

o ama riprodursi: noi

no, assassinati da ogni

istante che passa, dai devoti

dell’immortale, anche

da quelle bellissime

carni, da quegli occhi

ridenti, dai brutti versi

del coro.


da Tutte le poesie, Europa Edizioni, 2019

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