PER AMORET CHE SE NE VA
Con la mia fantasia, Amoret, ieri sera,
passeggiavo, parlando di te;
il sole a Occidente era stato rapito
e anche l’ultimo rossore ne svaniva.
Ci siamo seduti osservando come tutto
ne piangesse l’assenza e la fonte
che prima sorrideva avvolta nei suoi raggi,
ora ne bloccasse il corso,
come i vortici giocosi del suo volto
scorressero quieti e eleganti
e nella lenta, triste corrente,
sussurrassero alle rive il dispiacere.
I fiori che, con le corolle profumate
schiuse ai raggi, col volto luminoso
ne avevano accolto l’abbraccio, ora vòlti
al tramonto, come amici abbandonati,
si nutrivano del debole riflesso.
Se anche creature prive di sentimento,
che sentono solo l’incerto legame
degli influssi (e se il tempo e il destino
ne allontanano ogni giorno le cose
che ne alimentano l’amore),
a una tale distanza possono accordarsi,
perché, Amoret, perché noi non dovremmo?
Traduzione di Francesco Dalessandro
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